Nella bancarotta va valutata l'entità e la sproporzione delle spese

Pubblicato il 31 ottobre 2013 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 44248 depositata il 30 ottobre 2013, ha annullato, con rinvio, la decisione con cui i giudici di merito avevano condannato l'amministratore di fatto e il socio accomandatario di una Sas dichiarata fallita, per concorso nella bancarotta semplice ex articolo 217 primo comma n. 1 della Legge fallimentare.

In particolare, i due imputati erano stati ritenuti penalmente responsabili di aver effettuato spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alle loro condizioni economiche. Ed infatti, sotto la lente dell'organo giudicante era finita una serie di “ingiustificati” prelievi, che – a detta dell'accusa - non potevano trovare un fondamento legale perché non erano utilizzabili per soddisfare bisogni essenziali per il sostentamento degli imprenditori e della loro famiglia.

Secondo la Quinta sezione penale, tuttavia, i giudici di merito avrebbero dovuto valutare, più che la natura e l'origine delle spese ritenute “eccessive”, l'eventuale sproporzione dell'entità delle stesse, tenuto conto del periodo di tempo al quale dovevano essere fatte risalire e del numero dei soggetti beneficiari.

E nella specie, nel dispositivo non era stato nemmeno dato atto dell'assai minore entità della distrazione ritenuta penalmente accertata rispetto a quella, pari al triplo, enunciata nell'imputazione.
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