Negozio in affitto, lavoratore al sicuro!

Pubblicato il 17 dicembre 2015

Questa volta ci troviamo dentro a un supermercato, uno di quelli con i reparti di pescheria e macelleria situati all’interno del grande magazzino, ma gestiti da società differenti rispetto a quella proprietaria dell’emporio (art. 2561 c.c.).

Dietro al bancone in cui s’incartano bistecche di chianina e si affetta guanciale di cinta senese, opera ormai quasi da tre anni Vitellozzo, un pasciuto e rubicondo macellaio, con un viso tondo in cui spicca un unico e folto sopracciglio. Sebbene l’apparenza spesso sia ingannatrice, dall’aspetto non lo scambieresti per un matematico in lizza per la Medaglia Fields, ma è abile con il coltello da disosso ed è ben voluto dagli avventori, con cui scambia sempre due battute.

A fine mese terminerà il contratto di affitto tra la società proprietaria del supermercato e quella per cui lavora Vitellozzo, che presto si ritroverà senza occupazione. Tra i clienti che con sorprendente assiduità acquistano mazzafegati e braciolette c’è anche un ispettore del lavoro, il quale ascolta con attenzione la storia raccontata dal macellaio di fiducia.

“A dirla tutta – interviene l’altrettanto paffuto funzionario – potresti avere una possibilità… A mio avviso, se non ti licenziano prima della cessazione del contratto di affitto, potresti invocare la prosecuzione del rapporto direttamente alle dipendenze della società che gestisce il supermercato! Anche in caso di affitto, trova applicazione la normativa sul trasferimento d’azienda (sentenze n. 7517 Cass. civ. Sez. lavoro del 29/03/2010, n. 2368 Cons. Stato Sez. III del 30/04/2013 e Trib. Firenze Sez. lavoro del 19/02/2015).

“Ricambia i consigli che ti ho dato per cucinare le costolette e, dimmi un po’, che cosa dovrei fare?”. “Al posto tuo non farei niente fino alla fine del rapporto, tanto manca poco: appena terminato andrei all’Ispettorato a presentare richiesta d’intervento. Non ti posso assicurare nulla, ma secondo me c’è margine di manovra!”.

E così, senza saperlo, il nostro Vitellozzo termina la discussione alla stessa maniera del suo celebre omonimo nel film “Non ci resta che piangere” (Troisi-Benigni, 1984): “Bisogna reagire!”.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

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