Negli studi professionali la reiterazione blocca l’attività

Pubblicato il 08 febbraio 2012 La Cassazione, con sentenza n. 4703 della Seconda sezione penale, depositata il 7 febbraio 2012, ha ritenuto legittima la misura cautelare dell'interdizione dall'esercizio dell'attività, ex articolo 13 del Dlgs 231/2001, irrogata ad uno studio professionale (nello specifico uno studio odontoiatrico in veste di Sas).

Dunque, è stato respinto il ricorso della difesa che sollevava la violazione dell'articolo 606 del Codice di procedura penale, in relazione agli articoli 9 e 46, Dlgs n. 231 del 2001 e 125 del Codice di procedura penale, perché la misura interdittiva è stata giustificata solo dalla reiterazione delle condotte illecite e non anche dal profitto, non essendo stata acquisita, prima dello scadere del termine relativo alle indagini, prova del profitto conseguito dalla società.

Il primo comma del Dlgs citato recita: “Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;

b) in caso di reiterazione degli illeciti”
.

Sulla base della locuzione “almeno una delle ... condizioni” la Corte spiega che l'applicabilità delle sanzioni interdittive può essere subordinata alla circostanza che l'ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità, ovvero, in alternativa, che l'ente abbia reiterato nel tempo gli illeciti. E proprio dalla reiterazione delle condotte illecite è scaturita la legittima sanzione dell’interdizione emessa dal Gip.
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