Sì alle misure di prevenzione, purché ne siano chiaramente indicate le condizioni di applicazione, ne sia garantita la prevedibilità e limitata l’eccessiva discrezionalità degli Stati nazionali.
E’ quanto stabilito dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, parzialmente condannando l’Italia, nell'ambito di una controversia instaurata da un cittadino italiano sottoposto a misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (ex Legge n. 1423/1956, in vigore al tempo dei fatti, poi modificata con D.Lgs. n. 159/2011).
Ciò che nella specie ha censurato la Grande Camera - è il fatto che i Tribunali italiani avessero applicato una misura di prevenzione, senza tuttavia specificare da quali comportamenti essa fosse scaturita, ossia, quali gli indici di pericolosità del soggetto implicato. Con ciò palesandosi una violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali - CEDU (in particolar modo, artt. 5 e 6), con evidente ingerenza, altresì, nel diritto alla libertà di circolazione dei cittadini.
Ed a maggior ragione – conclude la Corte EDU con sentenza del 23 febbraio 2017, ricorso n. 43395/2009 - poiché la decisione censurata era stata presa senza che fosse imputata alcuna specifica attività criminale, ma solo sulla base di una ritenuta tendenza a delinquere dell’indagato (giustificata dall'assidua frequentazione di criminali importanti).
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".