Sì alla revoca dei domiciliari – in favore della custodia cautelare in carcere – se l’indagato invia un messaggio minatorio alla vittima dell’illecito, tramite Facebook.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, respingendo il ricorso di un imputato, avverso l’ordinanza che aveva disposto, nei suoi confronti, l’aggravamento della misura custodiale - da domiciliare ad inframuraria - in seguito a violazioni ritenute gravi, ossia, l’invio alla vittima di un messaggio Facebook dal contenuto considerato chiaramente intimidatorio.
In proposito - secondo la Corte Suprema – la motivazione del riesame appare del tutto condivisibile laddove afferma che la prescrizione di non comunicare con persone estranee deve essere intesa nel senso del divieto, non solo di parlare con persone non conviventi, ma anche di stabilire contatti con altri soggetti, sia vocali che a mezzo congegni elettronici.
Ora, nel caso di specie, il messaggio diffuso dall'imputato sul social network appare oggettivamente criptico, poiché sottintende qualcosa di riservato e conosciuto da una ristretta cerchia di persone, a cui risulta indirizzato. Ciò che lo rende evidentemente intimidatorio, a dispetto del tono volutamente suggestivo e delle coloratissime emoticon, che non fanno che aumentarne l’arroganza.
Pertanto, conclude la Corte con sentenza n. 46874 dell’8 novembre 2016, il Tribunale ha correttamente ritenuto necessario applicare la misura intramurararia, poiché la violazione della prescrizione commessa dall'indagato, ha rivelato, incisivamente, l’inadeguatezza della detenzione domiciliare in ragione dell’inaffidabilità di quest’ultimo.
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