“Quando si parla di mensilità ai fini del congedo parentale, vanno considerati i mesi di calendario o 30 giorni?”
È una delle domande poste all’INPS e a cui l’Istituto ha fornito risposta nelle FAQ recentemente aggiornate in tema di congedo parentale e relativa indennità spettante.
Prima però di addentrarci nel merito della questione, riavvolgiamo il nastro e torniamo sulle novità della legge di Bilancio 2024.
La legge di Bilancio 2023, prima (articolo 1, comma 359, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 e circolare n. 45 del 16 maggio 2023) e la legge di Bilancio 2024, poi (articolo 1, comma 179, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 e circolare n. 57 del 18 aprile 2024) hanno incrementato la misura percentuale dell’indennità di congedo parentale, di regola pari al 30% della retribuzione.
Nel rispetto dei limiti massimi previsti dall’articolo 32 del D.Lgs n. 151/2001 (10 mesi elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi, da fruire entro i 12 anni di vita del figlio o entro 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età), il congedo parentale di entrambi i genitori o del genitore solo è indennizzato nel seguente modo:
L’indennità maggiorata prevista dalle leggi di Bilancio 2023 e 2024 può essere riconosciuta:
NOTA BENE: Fatte salve le specificità previste in caso di rapporti di lavoro part time, la retribuzione da prendere a riferimento è quella del periodo mensile o quadri settimanale scaduto e immediatamente precedente ciascun periodo di congedo richiesto, anche in modalità frazionata.
Da quanto illustrato emerge la centralità di una questione: a cosa ci si riferisce quando si parla di mensilità di congedo parentale? A tali fini deve essere considerato il mese di calendario o vanno conteggiati 30 giorni di fruizione?
A tale quesito ha risposto l’INPS nelle FAQ aggiornate fornendo i seguenti criteri di calcolo:
Un’altra questione da porre riguarda le ipotesi di parto gemellare. Come vengono indennizzati i mesi di congedo spettante?
L’INPS, nelle circolari n. 45 del 16 maggio 2023 e n. 57 del 18 aprile 2024, non fornisce indicazioni in merito.
Al riguardo ci viene però in soccorso il messaggio INPS del 27 giugno 2001 n. 569 che, relativamente al parto gemellare, chiarisce che, in caso di parto gemellare o plurigemellare, ciascun genitore ha diritto a fruire, per ogni nato, del numero di mesi di congedo parentale previsti dall’art. 32 D. Lgs. n. 151 del 2001, vale a dire per ciascun figlio, fino a 6 mesi per la madre, fino a 7 mesi per il padre, nel limite complessivo di 10 o 11 mesi fra entrambi i genitori.
Il mese indennizzato all’80% della retribuzione (o l’ulteriore mese indennizzato al 60% - 80%) è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi (anche nei medesimi giorni e per lo stesso figlio) o da uno soltanto di essi.
Cosa succede se la madre ha terminato il congedo di maternità obbligatoria prima del 31 dicembre 2023 e il padre ha fruito del congedo di paternità obbligatorio a gennaio 2024? Ricorrono i presupposti per poter accedere all’ulteriore mensilità indennizzata all’80%?
L’INPS risponde affermativamente, evidenziando che va preso in considerazione l’ultimo congedo fruito, quindi il congedo di paternità obbligatorio.
Dunque, la coppia può fruire di un mese di congedo parentale all’80% in ragione di quanto previsto dalla legge di Bilancio 2023 e di un ulteriore mese di congedo parentale all’80%, per effetto della legge di Bilancio 2024.
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