Prosegue la discussione in Commissione Bilancio della Camera degli emendamenti correttivi alla Manovra fiscale.
Tra questi vi è un pacchetto di modifiche pensate con l'obiettivo principale di accelerare i tempi dei rimborsi Iva per ovviare alla stretta alla liquidità, più volte lamentata dalle imprese come conseguenza dell'estensione dello split payment. Proprio tale meccanismo dello split payment, infatti, viene esteso dalla Manovra fiscale, a partire dal 1° luglio, anche ai rapporti commerciali con società pubbliche e aziende quotate.
Grazie a tale scissione contabile, che interesserà appunto anche nuovi soggetti oltre alla Pubblica amministrazione, come per esempio le società pubbliche, verranno pagate ai propri fornitori fatture al netto dell’Iva, che verrà girata direttamente all’Erario per evitare l’evasione. Questo meccanismo ha il vantaggio di ridurre di molto il tax gap Iva, ma, allo stesso tempo, di sottrarre liquidità alle imprese fornitrici rendendo ancora più importante la tempistica dei rimborsi, come chiesto anche dalla Ue.
Per tali ragioni, si chiede a gran voce di ridurre i tempi dei rimborsi Iva, che oggi in pratica richiedono in media un centinaio di giorni. La proposta dei deputati è quella di concedere alle aziende la possibilità di presentare le istanze di rimborso in relazione a singole mensilità, invece che a trimestre, e di introdurre semplificazioni per bilanciare l'aggravio degli oneri connessi all'estensione dello split payment.
Il tema è stato affrontato anche nel corso dell'incontro sull’«amministrazione fiscale che cambia», che si è tenuto il 17 maggio a Roma tra MEF, Agenzia delle Entrate e GdF sull’attuazione delle nuove regole e sugli aspetti da correggere. Proprio in tale sede è intervenuto il ministro Padoan a sottolineare come “le riforme sono un lavoro continuo, e la loro implementazione passa da una valutazione complessiva sui loro effetti; quando qualcosa non funziona bisogna avere la franchezza di tornare alla lavagna e correggere". Tutto ciò nell'ottica di uno “sforzo per ridurre la pressione fiscale che c’è stato e deve continuare”, ma anche a creare un’amministrazione in grado di “fare da traino per l’innovazione per i privati”.
Nel corso dell'incontro organizzato dall'Economia, si è tenuto un primo seminario tecnico in cui è stato fatto un iniziale bilancio operativo delle “nuove forme di dialogo avanzato fra Fisco e imprese” da parte della direttrice dell'Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi.
La Orlandi ha spiegato come “le imprese hanno bisogno di certezze prima degli investimenti” e in tal senso vanno ricordati gli sforzi compiuti in un ottica di cooperative compliance e i buoni risultati per ciò che riguarda l'interpello sugli investimenti.
I dati finora raccolti su tali fronti sono più che incoraggianti e sono anche la prova dell'esistenza di un nuovo rapporto tra il Fisco e il contribuente e, come sottolineato dal Ministro dell'Economia “se migliora il rapporto tra fisco e contribuenti aumenta anche la crescita”.
L'Agenzia ha fatto il punto sulla compliance ed ha evidenziato che grazie proprio alla definizione concordata delle basi imponibili per le imprese con ricavi sopra i 10 miliardi, sono stati finora chiusi cinque accordi con il Fisco (il primo con il gruppo Ferrero), e altri accordi sono in programma con altre cinque società tra primari gruppi bancari e industriali.
Per quanto riguarda l'interpello sui nuovi investimenti operativo ormai da un anno, l'Agenzia ha annunciato di aver già ricevuto dieci richieste di interpello di nuovi investimenti, sei da soggetti stranieri e quattro nazionali (gruppi bancari e industriali), per un volume di oltre 4 miliardi di euro di investimenti e ricadute occupazionali nell'ordine di 76 mila unità.
Tra le altre proposte di modifica in ambito fiscale anche quelle sul digitale e la cosiddetta Web tax, su cui il Governo pensa di intervenire.
Al riguardo, il viceministro all'economia Casero, intervenendo al dibattito sul tema, ha affermato che “non possiamo pensare di bloccare il digitale, ma nemmeno di non andare a controllare e di non ricavare gettito. Ma dobbiamo trovare norme che possano essere apprezzate e recepite da tutti”.
Positività al riguardo è stata manifestata anche dalla stessa Orlandi, che ha sottolineato come si debba essere soddisfatti per “essere riusciti a far sedere intorno a un tavolo i giganti del web e a chieder loro impegni a pagare anche per il futuro”.
Dopo la cancellazione dei voucher, il Governo Gentiloni è impegnato a studiare proposte alternative in materia di lavoro accessorio.
Al vaglio del Governo vi è, ora, l'analisi di una strada alternativa ai voucher, che potrebbe essere identificata in un contratto semplificato online con un solo tetto reddituale per le famiglie, e una doppia soglia - dimensionale ed economica - per le piccolissime imprese.
Se tale proposta dovesse essere accolta si potrebbe tramutare in un emendamento, o sub-emendamento a un correttivo parlamentare, da inserire nel maxi-decreto sulla Manovra fiscale all'esame della Camera.
Questo passaggio non appare, però, così scontato, visto che i toni sul tema lavoro sono piuttosto accesi ora tra i deputati e le minacce di uscire dalla maggioranza in caso di rientro dei voucher “dalla finestra” non sono mancate da parte di alcuni gruppi parlamentari.
L'Esecutivo, quindi, cerca di individuare soluzioni ampie che possano piacere a molti. In questo contesto, la proposta avanzata per le famiglie sarebbe quella di introdurre una sorta di “libretto” completamente online (dove il committente e il prestatore dovranno indicare nome cognome, codice fiscale, Iban). L’ipotesi sarebbe, però, quella di introdurre un tetto, in modo che ogni famiglia possa utilizzare la procedura telematica fino ad un massimo di 2.500 euro l’anno, contro il vecchio tetto dei voucher fissato a 5mila euro, elevato poi dal Governo Renzi fino a 7mila. Lo scopo di tale tetto di utilizzo sarebbe quella di non fare concorrenza al lavoro domestico.
Ma la verà novità, che si sta valutando tra la maggioranza, è quella che riguarderebbe le imprese, per le quali si è pensato ad un contratto a chiamata semplificato online. Questo però avrebbe, ad oggi, due limitazioni, molto più restrittive delle norme cancellate: il “nuovo” contratto sarebbe utilizzabile solo da imprese piccolissime (si ragiona fino a 5 dipendenti) e per un importo massimo di 5mila euro l’anno (si salirebbe a 10mila in caso di “contratto” a disoccupati e studenti).
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