Manovra. Cndcec e Cnf, stangata su partite Iva

Pubblicato il 05 novembre 2019

Dall’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei commercialisti la conta dei danni alle partite Iva con l’abolizione del regime del 20%, flat tax che sarebbe entrata in vigore nel 2020, e con le modifiche al regime del 15% già in vigore.  

Le partite Iva individuali sono contributori netti di questa manovra per 208,8 milioni nel 2020, 1.791,3 milioni nel 2021, 1.189,1 milioni nel 2022: questi i dati sulla base dei saldi finanziari misura per misura riportati nell’allegato 3 al disegno di legge di Bilancio.

Di qui lo sfogo del presidente Cndcec, Massimo Miani: “Come lavoratori autonomi non contestiamo a priori questi interventi, alcuni dei quali possono anzi essere considerati condivisibili, ma troviamo inaccettabile che nemmeno un euro delle risorse recuperate da queste modifiche sia stato reimpiegato a favore dello stesso comparto delle partite Iva, ad esempio estendendo il regime del 15% fino a 65.000 euro anche a chi svolge l’attività in forma associata, così da evitare di penalizzare le aggregazioni tra professionisti e ditte individuali”.

Il presidente della categoria rimarca la penalizzazione della fiscalità delle piccole partite Iva per ridurre il cuneo fiscale ai lavoratori dipendenti, obiettivo, quello della riduzione del cuneo fiscale, giusto e atteso, ma è ignorato platealmente un pezzo significativo e dinamico del sistema economico del Paese, il mondo delle partite Iva.

Manovra. Partite Iva. Cnf a sostegno

A sostegno, una nota del presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin: “I rilievi …sono certamente da condividere laddove manifestano delusione per la scarsa attenzione riservata ai lavoratori autonomi… Gli interventi fiscali per i lavoratori autonomi sono necessari, in particolare per le nuove generazioni alle quali va garantita la possibilità di organizzare strutture professionali moderne in linea con le esigenze di competere nel mercato europeo. Inoltre resta l’esigenza di sollevare dai tanti oneri e costi burocratici gli studi professionali, oltre che ridurre la pressione fiscale”.

Il presidente del Consiglio forense, inoltre, suggerisce l’opportunità di “introdurre la possibilità per il privato, e non solo per le imprese, di detrarre le spese legali, perlomeno per le materie più socialmente sensibili, come penale, famiglia, lavoro, minori. Siamo fiduciosi che dal percorso parlamentare possano scaturire le necessarie modifiche. Vogliamo considerare chiusa l’era, non remota e che sarebbe un grave errore politico riesumare, di un approccio ideologicamente ostile al lavoro autonomo”.

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