L’obbligo protettivo di informazione nasce con l’inadempimento, da parte della struttura sanitaria, dell’obbligo di adeguatezza organizzativa in rapporto all'assunzione della prestazione di spedalità in favore del paziente nonostante il deficit organizzativo. Sicché non si impone sempre e comunque alla struttura sanitaria ed al medico strutturato (che abbia correttamente operato in base agli strumenti diagnostici a sua disposizione) di indirizzare il paziente in un centro – nella specie ecografico – di più elevata specializzazione, ma soltanto ove le apparecchiature tecniche non siano adeguate allo scopo.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, nel respingere la richiesta di risarcimento di una madre, avanzata nei confronti della struttura sanitaria e del medico curante, per non aver diagnosticato preventivamente le gravi malformazioni riportate dal figlio alla nascita.
Ma la Cassazione, nella fattispecie, ha ritenuto corretta la pronuncia della Corte d’Appello, laddove ha escluso l’inadempimento (a carico di struttura e medici) circa l’obbligo di informare la ricorrente sulla presenza di altri centri più specializzati o idonei a fornire una diagnosi morfologica fetale completa e corretta.
La Corte – con sentenza n. 4540 dell’8 marzo – ha infatti ritenuto del tutto arbitraria l’affermazione della donna, secondo cui la difficoltà nella diagnosi fosse dipesa, quantomeno all'epoca, dalla mancata visione degli arti nella loro interezza e non, piuttosto, dalla rudimentale tecnica dei macchinari in quel periodo (remoto) utilizzabili (che c.t.u. hanno accertato, consentivano una scarsa sensibilità).
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