L’Italia nel mirino della Ue. Da risolvere le questioni relative ai rimborsi Iva e ambiente

Pubblicato il 27 settembre 2013 Il nostro Paese è stato raggiunto da una lettera di messa in mora, con cui si avverte dell’eventuale nuova procedura d’infrazione che potrebbe essere aperta a suo carico da parte della Commissione europea.

Si tratta di un primo passaggio con cui viene chiesto all’Italia di fare chiarezza sui ritardi della pubblica amministrazione nel rimborso dell'Iva spettante alle imprese.

Si ricorda che il rimborso dell’Iva alle imprese da parte della Pa è un obbligo introdotto da una direttiva comunitaria del 1980, ma il nostro Paese risulta ancora indietro con i tempi: ci vogliono in media dai due ai quattro anni per avere il dovuto e la Ue chiede, dunque, al Paese di adeguarsi velocemente ai criteri di rimborso dell’Iva adottati dagli altri Stati europei

Inoltre, la legge italiana sembrerebbe violare più di una disposizione della direttiva 2006/112/Ce, risultando inosservante anche del principio della cosiddetta “neutralità fiscale”; senza contare alcuni vincoli che la normativa interna impone per avere rimborsi celeri (entro tre mesi), come appunto quello che prevede l’apertura dell’attività da almeno cinque anni.

Ovviamente questa cosa appare agli occhi della Ue molto discriminante nei confronti delle start-up e merita di essere corretta al più presto. Di qui, l’intervento della Commissione europea che, al termine della fase preconteziosa, ha formalizzato l’infrazione mettendo in mora il nostro Governo.

E’ da ricordare che questo non è l’unico campo in cui il Paese deve provvedere: altre procedure d’infrazione sono state aperte tenendo conto del fatto che l'Italia non ha garantito che l'Ilva di Taranto rispettasse le norme ambientali europee in materia di inquinamento industriale.
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