La Corte di cassazione si è da ultimo pronunciata sul tema delle condizioni di accesso alla tutela reintegratoria di cui all'art. 18, comma 4, Legge n. 300/1970, come novellato dalla Legge n. 92/2012.
Ha ricordato, in particolare, come la valutazione di non proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato comporti l'applicazione della tutela reale solo nei casi in cui la fattispecie accertata sia specificamente contemplata dalle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, che ad essa facciano corrispondere una sanzione conservativa.
Al di fuori di tali casi, la sproporzione tra la condotta e la sanzione espulsiva rientra nelle "altre ipotesi" in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, per le quali l'art. 18, quinto comma, della medesima legge prevede la tutela indennitaria cosiddetta “forte”.
Per i giudici di Piazza Cavour, limitare la reintegra alle sole ipotesi di tipizzazione della condotta punita con la sanzione conservativa dalla previsione collettiva risulta coerente con la lettera dell'art. 18, quarto comma, che vieta operazioni ermeneutiche che estendano l'eccezione della tutela reintegratoria alla regola rappresentata dalla tutela indennitaria.
Tale lettura è inoltre coerente, dal punto di vista sistematico, con la chiara ratio nel nuovo regime: la tutela reintegratoria presuppone l'abuso consapevole del potere disciplinare.
E’ sulla base di questi assunti che la Suprema corte, con ordinanza n. 11701 del 17 giugno 2020, ha accolto il ricorso promosso da una Fondazione contro la decisione con cui i giudici di merito, accertando l’illegittimità del licenziamento disciplinare dalla stessa intimato ad un dipendente, l’avevano condannata alla reintegrazione di quest’ultimo e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto.
La Fondazione aveva impugnato questa statuizione lamentando, tra gli altri motivi, una violazione e falsa applicazione dell'art. 18, comma 4, sopra richiamato e del CCNL di riferimento, in considerazione del giudiziale riconoscimento della tutela reintegratoria pur in difetto di tipizzazione, nelle previsioni collettive, della condotta oggetto di addebito.
Doglianza, questa, ritenuta fondata dalla Sezione lavoro della Corte di cassazione, in coerenza con gli approdi giurisprudenziali di legittimità sopra richiamati in ordine alle condizioni di accesso alla tutela reale.
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