La tutela reintegratoria c.d. attenuata trova applicazione non solo nell'ipotesi in cui il fatto non sia dimostrato nella sua materialità, ma anche nel caso in cui il fatto, pur sussistente nella sua materialità, sia privo di quella connotazione di illiceità, offensività o antigiuridicità tale e necessaria da renderne apprezzabile la rilevanza disciplinare.
E' quanto ribadito dalla Corte di cassazione, con ordinanza n. 30469 del 2 novembre 2023, nel rigettare il ricorso promosso da una Srl contro la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare dalla stessa comminato ad una propria dipendente.
Alla lavoratrice, in particolare, era stato contestato di essersi rivolta in modo scortese, alzando la voce e in presenza di altre persone, nei confronti di una cliente.
Quest'ultima, mentre era impegnata in una conversazione telefonica, si era introdotta nell’esercizio commerciale dopo l’orario di chiusura approfittando dell’apertura delle porte per l’uscita di altri clienti, noncurante delle segnalazioni lei rivolte circa l’avvenuta chiusura del punto vendita.
La Corte di appello, a conferma delle statuizioni relative al licenziamento assunte dal giudice di prime cure, aveva affermato l'applicabilità della reintegra attenuata prevista dall’art. 3, comma 2, D. Lgs. n. 23/2015, per insussistenza del fatto materiale contestato.
Nel caso in esame la condotta, pur sussistente nella sua materialità, non presentava alcun profilo di illiceità, atteso che, secondo quanto emerso dall’istruttoria, non era stato dimostrato che la lavoratrice si fosse rivolta alla cliente con modalità ingiustificatamente scortesi o gratuitamente offensive.
Anche a voler ipotizzare, quindi, che la lavoratrice avesse ecceduto nei modi e nelle parole utilizzate, non poteva non tenersi conto della circostanza che si era trattato dell’unico episodio in circa due anni di rapporto di lavoro.
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