E’ stata accolta l'impugnazione proposta da una Spa datrice di lavoro rispetto alla decisione con cui, in primo grado, era stata dichiarata l’illegittimità del recesso dalla stessa intimato a un lavoratore, nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo.
Il giudice di secondo grado aveva ritenuto non condivisibili le considerazioni svolte dal Tribunale con riguardo alla natura e agli effetti della impugnativa del licenziamento collettivo, reputando il lavoratore decaduto dall'impugnazione del recesso nonché prescritta l'azione volta ad aggredirlo.
Questo in considerazione del fatto che l’azione giudiziale contro il licenziamento era stata promossa a distanza di undici anni dalla data del recesso medesimo.
Il dipendente si era rivolto alla Suprema corte, censurando la decisione di merito per aver ritenuto che il licenziamento a lui intimato fosse annullabile e non affetto da inefficacia, secondo il disposto di cui all'art. 4 comma 12 della Legge n. 223/1991.
Nel caso di specie, parte ricorrente lamentava l’omissione, nelle comunicazioni ai dipendenti coinvolti nella procedura, dei criteri di scelta.
Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Sezione Lavoro della Cassazione, per come si legge nel testo della sentenza n. 9827 del 14 aprile 2021.
Richiamando quanto sottolineato, in materia, dalla giurisprudenza di legittimità, gli Ermellini hanno evidenziato come l'ordinamento preveda, per la risoluzione del rapporto di lavoro, una disciplina speciale, diversa da quella ordinaria, all'interno della quale è stato inserito un termine breve di decadenza (sessanta giorni) per l'impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore, all'evidente fine di dare certezza ai rapporti giuridici e garanzia della certezza della situazione di fatto determinata dal recesso datoriale, ritenendo tale certezza valore preminente.
Al lavoratore che non abbia impugnato nel predetto termine di decadenza il licenziamento comminatogli è precluso il diritto di far accertare in sede giudiziale la illegittimità del recesso e di conseguire il risarcimento del danno.
Tale sistema delle preclusioni non cambia nelle ipotesi di impugnativa riguardante vizi del procedimento del licenziamento collettivo: la decadenza dall'impugnativa del licenziamento, individuale o collettivo, preclude l'accertamento giudiziale dell'illegittimità del recesso e la tutela risarcitoria di diritto comune.
Proprio con riferimento ai licenziamenti collettivi, la giurisprudenza più recente (Cass. n. 31992/2018) ha affermato come dalla stessa lettura degli artt. 5, comma 3, Legge n. 223/91 (ante riforma) e 6 Legge n. 604/66, si evinca “che ancor prima della modifica, ad opera dell'art.1, comma 46, L. n. 92/2012 del menzionato art.5 (che previde esplicitamente l'applicazione ai licenziamenti collettivi del regime di impugnazione di cui all'art. 6 novellato della L. n. 604/66), tale ultima norma (art. 5, comma 3, L. n. 223/91 ante riforma), pur non menzionando esplicitamente l'art. 6 della L. n. 604/66 in tema di impugnazione del licenziamento, ne riproduceva esattamente il contenuto”.
Il predetto art. 1, comma 46, quindi, non ha natura innovativa, bensì ricognitiva del regime normativo applicabile all'impugnazione del licenziamento collettivo “con la conseguenza, derivante dalla soggezione ab origine al regime impugnatorio di cui all' art. 6 L. n. 604/66, dell'applicabilità, ai licenziamenti collettivi, anche della successiva disciplina in tema di decadenza dall'impugnazione”.
Per finire - ha continuato la Cassazione - per quanto riguarda il regime prescrizionale applicabile, una volta che, a mezzo di atto stragiudiziale, sia stata evitata la decadenza prevista dall'art. 6 della Legge n. 604/1966, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo deve essere in ogni caso proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., termine, questo, che decorre dal giorno di ricezione dell'atto di intimazione.
La Corte ha in definitiva ribadito il principio secondo cui “la prescrizione quinquennale dell'azione volta ad impugnare il licenziamento illegittimo determina - al pari della decadenza dall'impugnativa del licenziamento - l'estinzione del diritto di far accertare l'illegittimità del recesso datoriale e, quindi, di azionare le conseguenti pretese risarcitorie, residuando, in favore del lavoratore licenziato, la sola tutela di diritto comune per far valere un danno diverso da quello previsto dalla normativa speciale sui licenziamenti, quale ad esempio quello derivante da licenziamento ingiurioso”.
Assunto cui non si sottraeva il caso esaminato, nel quale, intimato il licenziamento nel 1998, al momento dell'impugnativa, nel 2009, il termine di prescrizione quinquennale era ampiamente trascorso.
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