Le violazioni dei doveri d’ufficio commesse dal dipendente sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto? Sì alla sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso.
Con sentenza n. 24813 del 18 agosto 2023, la Suprema corte di Cassazione ha definitivamente confermato il licenziamento disciplinare che un Comune aveva comminato ad un proprio dipendente, operante nel corpo della Polizia Municipale.
A quest'ultimo era stato contestato di aver svolto delle indagini di polizia giudiziaria di propria iniziativa, senza preventiva informazione alla Procura della Repubblica, su un possibile reato commesso dal Sindaco del Comune e da un altro agente della Polizia Municipale.
Secondo la difesa del ricorrente, con tali indagini egli avrebbe semplicemente adempiuto il proprio dovere di agente di polizia giudiziaria, in una situazione in cui le ragioni di necessità e di urgenza probatoria erano legate proprio alle particolari funzioni rivestite dai soggetti che si assumeva avessero compiuto un possibile atto illecito.
A tale argomentazione, gli Ermellini hanno replicato che il primo obbligo dell’ufficiale e dell’agente di polizia giudiziaria è proprio quello di riferire la notizia di reato al pubblico ministero, cosa che deve essere fatta senza ritardo ex art. 347 c.p.p.
Il fatto, poi, che la notizia di reato riguardava persone della medesima amministrazione e dello stesso reparto non poteva certo attenuare l’obbligo di tempestiva informazione all’autorità giudiziaria, ma anzi lo rendeva ancor più stringente, dovendosi evitare il sospetto che le indagini penali fossero utilizzate come strumento indebito per regolare conti all’interno dell’ente pubblico.
Nel descritto contesto, anzi, sarebbe stato giustificato trasmettere immediatamente la notizia di reato al Pm, senza avvisare i colleghi potenzialmente coinvolti, e non certo ritardare il relativo adempimento e svolgere nel frattempo indagini di propria iniziativa.
Sulla base di tali considerazioni, in definitiva, andava escluso che la sentenza impugnata, confermando l’illiceità disciplinare del comportamento tenuto dal ricorrente, avesse operato una falsa applicazione delle norme di diritto che impongono agli agenti di polizia giudiziaria l’adempimento delle loro funzioni nell’ambito del procedimento penale.
Per quel che concerne, infine, la contestata proporzionalità della sanzione, la Cassazione ha evidenziato come la Corte territoriale avesse correttamente applicato il principio di gradualità e proporzionalità, tenendo conto della gravità della mancanza ed avendo riguardo agli specifici criteri indicati dal CCNL applicabile.
Facendo applicazione di quest'ultimo, inoltre, i precedenti disciplinari ulteriormente contestati al deducente erano stati considerati non ai fini della connotazione della fattispecie dell’illecito disciplinare, ma avevano assunto rilievo solo con riguardo alla graduazione della sanzione, secondo la disposizione generale contenuta nella medesima contrattazione collettiva.
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