Licenziamento del dirigente: legittimo se non arbitrario e pretestuoso

Pubblicato il 03 gennaio 2023

La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con l'ordinanza n. 38026, depositata il 29 dicembre 2022, torna sulla nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente per ragioni oggettive, giungendo ad importanti conclusioni.

Licenziamento del dirigente e soppressione del posto

Un dirigente bancario che ricopre il ruolo di Responsabile di una delle 4 Aree commerciali viene licenziato dalla banca datrice di lavoro sul dichiarato presupposto della soppressione del posto dallo stesso occupato.

Il dirigente porta in giudizio l'istituto di credito ottenendo, nei vari gradi del giudizio di merito, una declaratoria di ingiustificatezza del recesso.

Più nel dettaglio, in primo grado, il Tribunale (pronuncia n. 188/2017) aveva rilevato l'insussistenza dei presupposti su cui era fondato il licenziamento vuoi per la mancata soppressione del posto occupato dal dirigente, sostituito da un'altra risorsa, vuoi per l'insussistenza delle ragioni, avanzate dalla datrice di lavoro, circa i costi della sua prestazione.

In secondo grado, la Corte di appello (sentenza n. 23/2019), constatata l'impossibilità di ritenere soppressa la posizione del dirigente, ha rilevato come unico elemento di discontinuità l'affidamento dell'incarico ad altra risorsa inquadrata con qualifica, inferiore, di Quadro direttivo di 4° livello, considerando il comportamento della Banca privo delle caratteristiche di buone fede e correttezza perchè palesemente finalizzato ad eliminare un dipendente non gradito.

La Corte di appello dichiarava conseguentemente l'illegittimità del licenziamento e condannava la Banca al pagamento di una somma a titolo di indennità supplementare a favore del dirigente ingiustamente licenziato.

Avverso tale decisione la Banca ha proposto ricorso per cassazione.

Il dirigente resiste con controricorso.

Licenziamento del dirigente: criteri di legittimità e disciplina applicabile

La Banca affida i propri rilievi a due motivi di ricorso.

Con il primo motivo viene eccepita la nullità della sentenza essendo la motivazione posta a base del licenziamento del dirigente (rimodulazione dell'assetto aziendale delle Aree territoriali e riduzione del loro numero da 4 a 3) diversa da quella considerata dalla Corte di appello (soppressione del posto di lavoro di Responsabile dell'Area territoriale occupato dal dirigente licenziato).

Con il secondo motivo la datrice di lavoro denuncia che la Corte distrettuale ha erroneamente basato la valutazione della legittimità del licenziamento del dirigente sui criteri del licenziamento per giustificato motivo oggettivo della legge n. 604/1966, non applicabili in base all'art. 10 della stessa legge.

Giustificatezza del licenziamento del dirigente

Il primo motivo è infondato e inammissibile perchè, evidenzia la Corte Suprema, tutti gli aspetti della vicenda, posti a base del licenziamento, sono stati oggetto di esame della Corte distrettuale e trattandosi di un accertamento di fatto, completo e adeguatamente motivato, esente dai vizi denunciati, lo stesso è insindacabile in sede di cassazione.

Più interessanti sono le argomentazioni esposte dalla Corte di Cassazione in merito al secondo motivo.

Richiamando i principi giurisprudenziali applicabili con riguardo alla giustificatezza del licenziamento del dirigente per ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, il giudice di legittimità ricorda che:

Pertanto, evidenzia la Corte, “la nozione di giustificatezza (nel licenziamento economico) si discosta da quella di giustificato motivo oggettivo ed include qualsiasi motivo di recesso che non sia arbitrario, pretestuoso, non corrispondente alla realtà ove, cioè, la ragione del recesso sia rinvenuto unicamente nell'intento di liberarsi del dirigente e non in quello di perseguire il legittimo esercizio del potere riservato all'imprenditore; il licenziamento del dirigente non deve possedere, pertanto, i caratteri della extrema ratio”.

L'accertamento della sussistenza della giustificatezza non richiede una analitica verifica di specifiche condizioni, essendo sufficiente una valutazione globale che escluda, appunto, l'arbitrarietà del recesso (Cass. n. 33254/2021; Cass. n. 34736/2019).

Il giudice è tenuto a verificare la reale esistenza degli elementi coinvolgenti la posizione del dirigente idonei a privare di ogni giustificazione il recesso del datore di lavoro in relazione alla violazione del principio fondamentale di buona fede nella esecuzione del contratto. Violazione che è configurabile in caso di comportamento puramente pretestuoso da parte del datore di lavoro, ossia irrispettoso delle regole e dei procedimenti che assicurano la correttezza nell'esercizio del diritto.

A tali principi la Corte territoriale si è correttamente attenuta accertando, nel caso oggetto di giudizio, la violazione dei principi di buone fede e correttezza e ritenendo il recesso finalizzato solo alla eliminazione di un dipendente non gradito.

La scelta della datrice di lavoro di licenziare il dirigente si è rivelata infatti incoerente e irragionevole.

Alla luce delle considerazioni esposte, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso della banca datrice di lavoro.

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