È ritenuto motivo valido per avviare la procedura di licenziamento collettivo, il criterio dell’alta specializzazione dei lavoratori, che si ritiene essere un parametro alternativo a quelli legali dei carichi familiari e dell’anzianità di servizio. Infatti, il criterio dell’alta specializzazione non costituisce una formulazione generica, tale da rendere discrezionali le scelte compiute dall’impresa nella individuazione dei dipendenti in eccedenza.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31872/2018.
Prima di entrare nel merito della sentenza, si ricorda che iI licenziamento collettivo, disciplinato dal nostro ordinamento sin dal 1991 (L. n. 223/1991), si applica alle imprese che occupano più di 15 dipendenti le quali, in conseguenza della medesima riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, ovvero della sua completa cessazione, intendano effettuare almeno 5 licenziamenti, nell'arco di 120 giorni:
* in ciascuna unità produttiva;
* oppure, in più unità produttive nell'ambito del territorio della stessa provincia.
Tale fattispecie si realizza anche per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo (120 giorni) e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.
Per determinare se il datore occupi più o fino a 15 dipendenti, la soglia numerica deve essere calcolata con riferimento alla normale occupazione, cioè all'organigramma produttivo o, in mancanza di questo, all'occupazione media dell'ultimo semestre.
In termini molto pratici, devono ritenersi inclusi nel computo:
Sono, invece, esclusi dal calcolo:
Un lavoratore veniva licenziato da un’impresa in cui le posizioni strategiche sono assolte attraverso personale laureato con competenze specializzate.
Nel caso di specie, quindi, uno dei lavoratori licenziati ha impugnato il provvedimento del licenziamento intimato dal datore di lavoro. Il ricorso si basa sul presupposto in base al quale il riferimento nell’accordo sindacale al criterio della “alta specializzazione in funzione delle esigenze tecnico produttive dell’azienda” non fosse idoneo in maniera autonoma a determinare l’avvio del procedimento di licenziamento collettivo. Dunque, lamentava che il datore di lavoro avesse agito in maniera discrezionale nella scelta dei lavoratori da licenziare.
Sia in primo che secondo grado, i giudici danno ragione al lavoratore, in quanto ritengono il riferimento all’alta specializzazione non valido, dunque illegittimo.
Il datore di lavoro impugna nuovamente la sentenza e ricorre in Cassazione. Qui gli ermellini ribaltano totalmente le pronuncie del Tribunale e della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del datore di lavoro.
Secondo la Suprema Corte, in un contesto produttivo caratterizzato da una particolare e delicata specializzazione, il criterio selettivo delle elevate competenze specialistiche non deve essere ritenuto:
* generico;
* arbitrario;
poiché soddisfa pienamente la ratio della procedura collettiva di riduzione del personale.
Ciò è in linea con il principio secondo il quale deve essere permessa al datore di lavoro la prosecuzione dell’attività aziendale con il minimo impatto sui livelli occupazionali dell’impresa.
Ciò assume ancora più valore, risultando una caratteristiche dirimente - come nel caso di specie - nelle realtà produttive contraddistinte da particolare e specifica specializzazione. Infatti, nell’azienda in trattazione erano richieste competenze tecniche espressamente tarate sul settore in cui opera l’azienda stessa. Pertanto, il criterio selettivo del possesso di elevate competenze specialistiche non può ritenersi generico, né arbitrario.
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