L'equo compenso va rispettato nelle gare d'appalto

Pubblicato il 05 aprile 2024

Sì all'applicazione delle norme sull’equo compenso alle gare di appalto.

Va esclusa la sussistenza, in concreto, di una contrapposizione tra la Legge n. 49/2023 sull'equo compenso e la disciplina del Codice dei contratti pubblici.

E' la posizione del Tribunale amministrativo regionale del Veneto, per come espressa nel testo della sentenza n. 632 del 3 aprile 2024.

Secondo il Tar Veneto, l’interpretazione letterale e teleologica della Legge sull'equo compenso depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.

Anche se, nella decisione, i giudici amministrativi fanno riferimento al vecchio Codice appalti di cui al D. Lgs. n. 50/2016 - applicabile, ratione temporis, alla vicenda specificamente esaminata - le considerazioni ed indicazioni fornite sono espressamente estese anche al nuovo Codice dei contratti di cui al D. Lgs. n. 36/2023.

Equo compenso e Codice dei contratti pubblici: normative compatibili

Il Legislatore - si legge nella decisione - nel dichiarato intento di tutelare i professionisti intellettuali nei rapporti contrattuali con i contraenti forti, ha espressamente previsto l’applicazione della legge sull'equo compenso anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, riconoscendo, altresì, la legittimazione del professionista all’impugnazione del contratto, dell’esito della gara e dell’affidamento, qualora sia stato determinato un corrispettivo qualificabile come iniquo ai sensi della medesima normativa.

Per il Tar, quindi, non sarebbe un caso che l’art. 8 del nuovo Codice degli appalti preveda che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

Ne discende che le previsioni della legge sull'equo compenso sono applicabili anche alla disciplina contenuta nel nuovo Codice degli appalti.

Diversamente opinando - continuano i giudici amministrativi - l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale.

Difatti, i rapporti contrattuali tra i professionisti e la PA, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia.

Offerta più vantaggiosa: no a ribassi sui compensi

Ma non è tutto. Secondo il Tar del Veneto, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, rimane comunque applicabile anche dopo l'entrata in vigore della Legge sull'equo compenso.

Attraverso l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del Codice dei contratti pubblici - continua il Tar - si può affermare che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del prezzo determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle spese ed oneri accessori.

L’Amministrazione è chiamata a quantificare tali voci in applicazione del DM del 17 giugno 2016 per individuare l’importo complessivo da porre a base di gara; al tempo stesso, la voce compenso, individuata con tale modalità come una delle voci che costituiscono il prezzo, è da qualificare anche come compenso equo.

E sotto tale aspetto la Legge n. 49/2023 stabilisce che è equo il compenso dell’ingegnere o architetto determinato con l’applicazione dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 9, Decreto legge n. 1/2012.

Di conseguenza, il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del DM del 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di equo compenso il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa.

Ribasso su voci estranee al compenso

Ciò nonostante, trattandosi di una delle plurime componenti del complessivo prezzo quantificato dall’Amministrazione, l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori.

Da segnalare che la posizione espressa dal Tribunale amministrativo si pone in contrasto con la tesi interpretativa che ha espresso dubbi circa l’applicabilità della legge sull’equo compenso alla materia dei contratti pubblici, tesi condivisa anche dall'Anac che, sul punto, ha chiesto un intervento chiarificatore da parte del Legislatore.

La vicenda esaminata

Nel caso esaminato, il Collegio amministrativo era chiamato a valutare la legittimità della delibera di aggiudicazione di un bando di gara, in ragione della proposizione di un'offerta economica che, secondo il raggruppamento d'imprese ricorrente, era stata formulata in violazione della Legge n. 49/2023.

Nella specie, il bando di gara non aveva previsto, espressamente, l’applicazione della legge sull'equo compenso e non aveva precluso la formulazione di offerte economiche al ribasso sulla componente compenso del prezzo stabilito.

Tale lacuna - secondo il Tar - essendo riferita ad un profilo sottratto alla libera disponibilità della stazione appaltante, doveva ritenersi integrata dalle norme imperative previste dalla Legge sull'equo compenso, ai sensi della quale le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata sono nulle.

Per quanto riguarda l’aggiudicazione e gli atti di gara impugnati, gli stessi sono stati giudicati illegittimi nella parte in cui la stazione appaltante non aveva escluso dalla procedura il raggruppamento aggiudicatario, in ragione della proposizione di un'offerta economica che violava, di fatto, le norme in tema di equo compenso.

Il ribasso offerto dal raggruppamento aggiudicatario, infatti, aveva determinato un importo complessivo evidentemente inferiore alla sola voce dei compensi determinata dall’Amministrazione.

Si trattava di una palese violazione della legge sull’equo compenso, resa ulteriormente evidente dalle giustificazioni fornite dall’aggiudicatario medesimo nel procedimento di controllo dell’anomalia dell’offerta.

Al contrario, il raggruppamento ricorrente aveva formulato la propria offerta economica praticando un ribasso sull’importo a base di gara e offrendo una somma complessiva di importo superiore a quello determinato dall’Amministrazione come compensi, con la conseguenza che si trattava di un'offerta in grado di salvaguardare comunque l’equo compenso.  

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