Secondo la Consulta, non risulta essere in contrasto con la Costituzione la scelta operata con la Legge Merlin, ovvero quella che, da un lato, configura la prostituzione come un’attività di per sé lecita, e dall’altro, punisce tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino.
In particolare, il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasterebbe con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale.
E’ quanto si apprende da un comunicato dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale datato 6 marzo 2019, relativo alla decisione presa, in camera di consiglio, sulle specifiche questioni sollevate dalla Corte d’appello di Bari con riferimento alla Legge Merlin (Legge n. 75/1958).
Questioni che avevano investito, nello specifico, l’attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle “escort”.
Secondo i giudici rimettenti, posto che la prostituzione è un’espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione, punire chi svolge un’attività di intermediazione tra prostituta e cliente o di favoreggiamento della prostituzione equivarebbe a compromettere l’esercizio tanto della libertà sessuale quanto della libertà di iniziativa economica della prostituta, colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico.
Si resta in attesa del deposito della sentenza.
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