Nell’ambito dei lavori in corso per approvare in via definitiva la manovra di bilancio 2018, si segnala l’emendamento presentato alla Camera dal relatore e presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd), con cui è stata parzialmente rivista la web tax.
Rimane fermo il suo debutto nel 2019, ma l’aliquota applicabile viene ridotta dal 6 al 3 per cento ed è diretta a tassare le cessioni di servizi operate da soggetti residenti e non residenti. La nuova tassa non sarà estesa all’e-commerce.
L’imposta va applicata ai soggetti che effettuano oltre 3mila transazioni di servizi nell’anno solare. Eliminati sia il credito d’imposta per le imprese residenti sia il compito delle banche di agire come sostituti d’imposta per incassare la tassa digitale sui soggetti non residenti. Scompare anche l'obbligo di segnalazione alle Entrate per professionisti e imprese che acquistano sul web servizi digitali (“spesometro digitale”).
E’ previsto oggi il voto finale in sede di commissione Bilancio.
Dal 1° gennaio 2018 sarà applicata l’aliquota del 26% sugli interessi percepiti da chi presta denaro attraverso piattaforme di prestiti online riservate a operatori non professionali, in quanto tali somme saranno considerate redditi di capitale.
La tassazione nasce per colpire forme di prestiti come il peer-to-peer lending, ossia prestiti personali erogati da soggetti privati ad altri privati attraverso specifici siti internet, senza il tramite di soggetti come banche e finanziarie.
Entro il 28 febbraio 2018 il Garante per la privacy dovrà adottare un nuovo modello di controllo per verificare l'adeguatezza dei sistemi e delle infrastrutture per il trattamento dei dati, secondo il regolamento Ue 2016/679.
Inoltre deve essere emanato un modello di informativa da compilare a cura dei titolari di dati personali che effettuino un trattamento “fondato sull'interesse legittimo che prevede l'uso di nuove tecnologie o di strumenti automatizzati”.
Viste le continue tensioni nella maggioranza, difficilmente la manovra 2018 vedrà modifiche sul Jobs Act relative agli indennizzi per i licenziamenti illegittimi e alla disciplina dei contratti a termine.
Quindi, non vi sarà il rialzo del termine minimo da 4 a 6 mesi per l’indennità monetaria sui licenziamenti illegittimi.
In materia di contratti a termine, è saltato l’emendamento che disponeva la riduzione della durata dei rapporti a tempo determinato da 36 a 24 mesi. Non sarà modificato nemmeno il concetto di “acausalità”, ossia il non dovere dare giustificazione del ricorso al rapporto a tempo determinato.
Accordo raggiunto per aumentare da 2.840 a 4mila euro la soglia per aver diritto alle detrazioni fiscali per i figli a carico.
Il fondo per i risparmiatori vittime dei crack bancari ottiene un raddoppio delle risorse: si passerà da 25 a 50 milioni l’anno per il biennio 2018-2019.
L’esame del Ddl bilancio a Montecitorio è previsto per domani 20 dicembre, ore 9.30.
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