Le conciliazioni a seguito di licenziamento che convivono dopo il nuovo contratto a tutele crescenti
Pubblicato il 02 aprile 2015
Dall’entrata in vigore della conciliazione prevista dall’art. 6,
D.Lgs.n. 23 del 4 marzo 2015, a seguito di licenziamento di lavoratori a cui
si applica il contratto a tutele crescenti, diverse sono le
tipologie
di conciliazione in materia che convivono nel nostro ordinamento.
La conciliazione obbligatoria
La conciliazione a seguito di
licenziamento per giustificato motivo
oggettivo - ovvero per ragioni inerenti l'attività produttiva,
l'organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento della stessa –
per i datori di lavoro che hanno
i requisiti dimensionali di cui
all'art. 18, c.8, Legge n. 300/1970, è diventata
obbligatoria
dall'entrata in vigore della
Legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero).
Il tentativo obbligatorio di conciliazione de quo si tiene presso la
Commissione di conciliazione istituita ex art. 410 c.p.c. presso la
Direzione Territoriale del Lavoro dove il lavoratore presta la propria
opera e parte a seguito di trasmissione, da parte del datore di lavoro,
alla DTL della
comunicazione in cui:
- va dichiarata esplicitamente l’intenzione di procedere al licenziamento per GMO;
- vanno indicati i motivi del licenziamento nonché le eventuali misure
di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
n.b.: la conciliazione a seguito di licenziamento per giustificato
motivo oggettivo è obbligatoria e va esperita presso la Commissione di
conciliazione istituita, ex art. 410 c.p.c., presso la Direzione
Territoriale del Lavoro. |
L’Ufficio deve inviare la
convocazione alle parti entro il termine
perentorio di
sette giorni dalla ricezione della suddetta comunicazione
e la procedura deve concludersi entro
venti giorni dal momento in cui
la Direzione Territoriale del Lavoro ha trasmesso la convocazione,
fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano
di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un
accordo.
E’ ammessa la possibilità della
sospensione temporanea della procedura
conciliativa in presenza di un legittimo e documentato impedimento del
lavoratore a presenziare alla riunione fissata per il tentativo di
conciliazione, per un periodo massimo di
15 giorni.
Se la conciliazione ha
esito positivo e prevede la risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in
materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) (dal primo maggio
2015 NASpI) e può essere previsto - al fine di favorirne la
ricollocazione professionale - l’affidamento del lavoratore ad
un’Agenzia di cui all’art. 4, comma 1, lettere a), c) ed e), del
D.Lgs.n. 276 del 10 settembre 2003.
ATTENZIONE
La procedura in questione non trova applicazione in caso di
licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui
all'articolo 2110 c.c., nonché per i licenziamenti e le interruzioni
del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui all’articolo 2,
comma 34, della Legge 28 giugno 2012, n. 92, ovvero per:
- i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai
quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in
attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità
occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di
lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
- l’interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel
settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e
chiusura del cantiere. |
Qualora il tentativo di conciliazione dovesse concludersi con
esito
negativo e, comunque, decorso il termine di sette giorni per la
convocazione da parte della DTL, il datore di lavoro può comunicare il
licenziamento al lavoratore.
La conciliazione per i contratti a tutele crescenti
L’art. 6, D.Lgs. n. 23/2015, ha previsto un nuovo tentativo di
conciliazione facoltativa che il datore di lavoro può offrire al
lavoratore cui si applica il contratto a tutele crescenti.
Tale conciliazione va offerta entro i termini di impugnazione
stragiudiziale del licenziamento – ovvero
entro 60 giorni dalla data di
comunicazione del recesso – e può avere luogo presso una delle sedi di
cui all’articolo 2113, comma 4 c.c. (
Commissione di Conciliazione
presso le Direzioni Territoriali del Lavoro e sedi sindacali) e
all’articolo 76 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (
Commissioni di
certificazione).
La conciliazione de quo è finalizzata ad evitare contenziosi giudiziari
e consiste nell’
offerta al lavoratore di un importo che non costituisce
reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche e
non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di
ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il
calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in
misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto
mensilità, mediante consegna al lavoratore di un
assegno circolare.
ATTENZIONE
L'accettazione dell'assegno in tale sede, da parte del lavoratore,
comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la
rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il
lavoratore l'abbia già proposta. |
Eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a
chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono
soggette al regime fiscale ordinario.
Ad ogni modo, anche questa tipologia di conciliazione è facoltativa; il
datore di lavoro ha l’
obbligo di comunicare,
entro 65 giorni dalla
cessazione del rapporto, l’avvenuta o non avvenuta conciliazione e, a
tal fine, il modello UniLav dovrebbe essere integrato.
La mancata comunicazione in questione è punita con la
sanzione
amministrativa, che va da euro 100 ad euro 500 per ogni lavoratore.
La vecchia conciliazione
Accanto alle suddette due tipologie di conciliazioni rimane sempre la
vecchia
conciliazione ex art. 410 c.p.c., divenuta ormai
facoltativa,
da tenersi presso la Commissione di conciliazione istituita nella
Direzione Territoriale del Lavoro.
La richiesta di conciliazione debitamente compilata deve essere
sottoscritta da chi la propone in originale, consegnata a mano o
spedita con raccomandata A/R o inviata a mezzo PEC alla DTL e
consegnata in copia, a mano ovvero spedita con raccomandata A/R o
inviata a mezzo PEC alla controparte.
La richiesta di conciliazione interrompe il decorso della
prescrizione
e sospende il decorso di ogni termine di
decadenza per la durata del
tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua
conclusione.
La
richiesta di conciliazione deve contenere:
- le generalità di entrambe le parti;
- l’indicazione del luogo della conciliazione;
- l'indicazione del luogo dove devono essere fatte le comunicazioni;
- l'esposizione dei fatti e delle ragioni che li sostengono.
ATTENZIONE
La procedura fortemente cadenzata prevede che:
- entro 20 giorni dalla richiesta può aversi l’eventuale deposito della
memoria di controparte contenente le rispettive controdeduzioni;
- entro 10 giorni dal deposito della memoria di controparte la DTL deve
procedere a convocare le parti per la loro comparizione dinanzi alla
Commissione;
- entro 30 giorni dalla convocazione delle parti deve svolgersi il tentativo di conciliazione dinanzi alla Commissione. |
Espletato il tentativo,
se la conciliazione riesce, anche parzialmente,
viene redatto processo verbale sottoscritto dalle parti e dalla
Commissione.
Il giudice, su istanza di parte, dichiara esecutivo il verbale con decreto.
Se non si raggiunge l’accordo, la Commissione formula una proposta
conciliativa per la definizione bonaria della controversia da inserire
obbligatoriamente nel verbale, con espressa indicazione delle posizioni
manifestate da ambo le parti.
Il giudice, nel successivo giudizio, terrà conto del comportamento
tenuto dalle parti qualora la proposta formulata sia stata rifiutata
senza un’adeguata motivazione.
ATTENZIONE
Datore di lavoro e lavoratore, anziché adire la Commissione di
conciliazione istituita presso la DTL, possono scegliere di esperire il
tentativo di conciliazione in sede sindacale. |
Quadro delle norme |
Art. 2110 c.c.
Art. 2113 c.c.
Art. 410 c.p.c.
Legge n. 300/1970
D.Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003
Legge n. 92/2012
D.Lgs. n. 23 del 4 marzo 2015 |