Il dipendente pubblico, che intende svolgere attività non rientrante nei compiti e doveri dell’ufficio, è tenuto a richiedere l’autorizzazione all’amministrazione di appartenenza.
In assenza, afferma la sentenza n. 10599, pubblicata il 26 agosto 2019, del Tar Lazio, sorge l’obbligo di versare i compensi percepiti per l’attività svolta, non previamente autorizzata.
Il dipendente si è rivolto al Tar per chiedere l’annullamento delle note della Guardia di finanza che chiedevano la dazione delle somme ottenute per lo svolgimento dell’attività di amministratore di condominio, svolta senza previa autorizzazione.
Il ricorrente ha fatto presente che l’attività in discorso era svolta occasionalmente e saltuariamente ed inoltre non rientrava tra quelle che la normativa vigente sottopone a particolari restrizioni. La sua attività d’ufficio non ne avrebbe risentito ed i compensi percepiti sarebbero di ammontare non significativo, corrispondenti al mero ristoro delle spese sostenute.
Ma i motivi esposti devono ritenersi infondati.
La legge n. 662/1996 stabilisce che il personale non può svolgere altre attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l'autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza e che questa sia stata concessa. Non assume importanza l’occasionalità dell’attività.
Inoltre, se il dipendente pubblico, in assenza dell’autorizzazione, svolge altra attività, sorge l’obbligo del percettore di versare i compensi nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
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