Il Legislatore ha previsto che i lavoratori possano essere adibiti al lavoro notturno (art. 14, D.Lgs. n. 66/2003) solo previa valutazione del loro stato di salute che deve avvenire a cura ed a spese del datore di lavoro, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l'assenza di eventuali controindicazioni.
La sanzione per la violazione della disposizione citata è penale ed è punita con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 1.549 Euro a 4.131 Euro, anche se, nel caso di specie, è ammessa l’estinzione del reato in via amministrativa, ex art. 15, D.Lgs. n. 124/2004.
La Cassazione Penale, Sez. 3, con sentenza del 07 agosto 2020, n. 23611, ha chiarito che la violazione è unica, indipendentemente dal numero di lavoratori impiegati e non sottoposti a visita medica.
In merito si evidenzia tuttavia che, con lettera circolare prot. n. 5407 del 18 aprile 2008, Il Ministero del Lavoro si era espresso in senso contrario, ritenendo che le fattispecie contravvenzionali più ricorrenti in materia di lavoro, legate alla tutela di soggetti passivi determinati (ed a tal proposito aveva citato proprio i lavoratori notturni) fossero da riferirsi a ciascun lavoratore e, quindi, le relative condotte datoriali dovevano ritenersi distinte anche se poste in essere in un medesimo contesto temporale (in conclusione per il Ministero del Lavoro il calcolo dell’importo sanzionatorio andava riferito a ciascun lavoratore interessato).
Per gli Ermellini, invece, la pluralità di lavoratori rileva, quale elemento per valutare la gravità del fatto, ex art. 133 c.p., e per la commisurazione della pena.
D’altra parte - chiarisce la Corte - laddove il Legislatore ha voluto ancorare la sanzione al numero dei lavoratori lo ha fatto esplicitamente.
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