Con riguardo alle attività di ristorazione senza somministrazione non operanti nel settore dei pubblici esercizi, bensì in quello delle imprese alimentari artigiane, quali esercizi possono rientrare tra le attività indicate al punto n. 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923.
Con la risposta all’interpello n. 1 del 30 gennaio 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha sostenuto che il tenore letterale utilizzato al punto 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 non consente di estendere la nozione di “esercizi pubblici in genere” anche alle imprese artigiane alimentari non operanti nel settore dei pubblici esercizi.
A tal proposito, viene ricordato che il settore dei pubblici esercizi, insieme ai settori del turismo e dello spettacolo, gode della specifica deroga al limite delle 400 giornate e, in merito il Ministero, nell’interpello n. 26/2014 aveva già chiarito che tale deroga è rivolta sia ai datori di lavoro iscritti alla Camera di commercio con il codice attività ATECO 2007 - corrispondente ai citati settori produttivi - sia ai datori di lavoro che, pur non rientrando nel Codice ATECO dei settori in questione, svolgano attività proprie del turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.
Pertanto, conclude l’interpello, le imprese alimentari artigiane possono stipulare contratti di lavoro intermittente ai sensi del punto 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 solo se operano nel settore dei pubblici esercizi in genere, tenuto anche conto dei criteri di individuazione già richiamati nel citato interpello n. 26/2014.
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