Con la risposta n. 42 del 18 gennaio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito l’ambito di applicazione del regime speciale per lavoratori impatriati, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015, in caso di rientro a seguito di distacco all’estero. In particolare è stato specificato che il predetto regime può essere applicato a condizione che la nuova attività lavorativa in Italia non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa presso il datore di lavoro e sempre sussistendo tutti gli altri requisiti stabiliti dalla norma.
L’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (cd. “decreto internazionalizzazione”) ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati“. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’art. 5 del D.L. n. 34/2019, convertito in L. n. 58/2019, in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia.
Per fruire del trattamento di cui all’art. 16 del “decreto internazionalizzazione” è necessario che il lavoratore:
In base al successivo co. 2, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, inoltre, i cittadini dell’Unione Europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi (art. 16, co. 3 del D.Lgs. n. 147/2015).
Per accedere al regime speciale, il citato art. 16 presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate afferma che il regime fiscale agevolato non spetta nell’ipotesi di rientro dal distacco in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro precedente alla permanenza all’estero.
Spetta invece l’agevolazione fiscale all’impatriato se la sua attività lavorativa da svolgere in Italia può essere considerata effettivamente nuova, sussistendo un nuovo contratto di lavoro diverso da quello precedente in essere al periodo di distacco all’estero anche se il datore di lavoro è lo stesso.
Il contratto, però, deve prevedere un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario. Tuttavia, sia la novità del ruolo sia la novità del contratto, potrebbero non bastare ad escludere radicalmente la presunzione di continuità. La prestazione, il termine, la retribuzione, devono essere oggettivamente riconducibili ad un nuovo rapporto in un quadro di obbligazioni nuove ed autonome rispetto al precedente ante espatrio con mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto.
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