La norma italiana relativa al contratto di lavoro intermittente, che prevede un limite di età del lavoratore (compimento del 25° anno), non è contraria al principio di non discriminazione in base all’età (articolo 21 della Carta fondamentale dei diritti dell’uomo e articolo 2, paragrafo 1, articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78).
In questo senso la Corte di giustizia Ue, adita dai giudici di cassazione dopo che un dipendente di una società con contratto di lavoro intermittente si era rivolto alla magistratura contestando l’illegittimità del licenziamento subito al compimento del 25° anno di età.
Secondo la pronuncia dei giudici comunitari nella causa C-143/16 pronunciata il 19 luglio 2017, la disparità di trattamento basata sull’età presente prima nel Dlg n. 276/2003 e poi nel Dlg n. 81/2015 è giustificata da una finalità legittima, ossia che la norma si inserisce in un contesto normativo finalizzato a valorizzare la flessibilità nel mercato del lavoro, quale strumento per incrementare l’occupazione.
Infatti negli intenti del governo italiano, la disposizione persegue l’intento di far entrare i giovani nel mondo del lavoro, facendogli acquisire un’esperienza lavorativa, anche se flessibile e limitata nel tempo.
Di conseguenza, è legittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro al lavoratore intermittente al compimento del venticinquesimo anno.
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