La determinazione del valore dei terreni è facoltativa per i comuni e dà al contribuente un parametro di riferimento

Pubblicato il 12 ottobre 2010

La sezione tributaria della Corte di Cassazione ha depositato nella cancelleria della Corte, in data 8 ottobre 2010, la sentenza n. 20872/10.

I Supremi giudici sono stati chiamati a dirimere una vertenza che ha tratto origine da un accertamento Ici, in cui era coinvolto un comune della provincia di Modena che rettificava i valori Ici dichiarati da una Srl per diversi appezzamenti di terreno situati nello stesso comune.

La società era ricorsa contro l’atto di accertamento eccependone il vizio di motivazione e ne chiedeva l'annullamento, oltre che la disapplicazione delle relative sanzioni ai sensi dell'articolo 8 del Decreto legislativo n. 546/92. La Commissione provinciale aveva rilasciato una sentenza, confermata anche dalla Ctr di Bologna, in cui si dichiarava che le sanzioni non erano dovute. Da qui, il ricorso in Cassazione del comune.

Con la sentenza n. 20872, la Suprema Corte ha confermato quanto stabilito nei precedenti gradi di merito, rigettando il ricorso dell'ente locale e stabilendo un principio di diritto di grande importanza. Anche se l’articolo 59 del Dlgs n.446/97 non prevede alcun obbligo per i comuni di determinare il valore dei terreni ai fini Ici, ma ne attribuisce solo una facoltà, i giudici di legittimità hanno convenuto che tale azione di determinazione del valore venale dei terreni per zone omogenee ha una funzione analoga a quella degli studi di settore o dei redditometri ai fini delle imposte dirette. Dunque, tale valutazione fornisce al contribuente un parametro di riferimento che deve essere rispettato. Al contrario, se tale valutazione non è stata realizzata - essendo appunto una facoltà e non un obbligo - il contribuente non può essere sanzionato in caso di accertamento.

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