La comproprietà di un immobile non esclude le disagiate condizioni economiche
Pubblicato il 07 novembre 2014
Con
sentenza n. 45895 del 5 novembre 2014, la Corte di cassazione ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato da un soggetto condannato a cui il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato un'istanza volta ad ottenere la
remissione di un debito per spese di giustizia per una somma di oltre 150mila euro.
La decisione di merito era basata sull'assunto dell'insussistenza del presupposto di legge di cui all'articolo 6 del DPR n. 115/2002, sotto il profilo delle “
disagiate condizioni economiche”, in quanto, da una relazione della Guardia di finanza, era emersa la disponibilità in capo al ricorrente di un
patrimonio immobiliare definito "
sufficiente" per far fronte al debito nei confronti dello Stato.
Va effettuata una stima del valore degli eventuali immobili
I giudici di legittimità hanno ribaltato questo verdetto ritenendo che l'organo di sorveglianza avesse pronunciato il diniego senza compiere una
concreta verifica delle condizioni economiche del richiedente, valorizzando
per relationem dati relativi e possidenze immobiliari indicate nella nota delle Fiamme gialle senza compiere una, sia pur sommaria,
stima del valore.
In particolare – ha evidenziato la Suprema corte – il
requisito delle disagiate condizioni economiche è da ritenersi
integrato non solo quando il soggetto di trovi in
stato di indigenza ma anche quando l'
adempimento del debito, per la sua obiettiva entità,
comporti un serio e considerevole squilibrio del bilancio domestico, tale da
precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere il recupero e il reinserimento sociale.
Nel caso di specie, il ricorrente aveva evidenziato che il suo patrimonio immobiliare era, in realtà, rappresentato solo dalla
casa di abitazione, peraltro in comproprietà, e da un
modesto immobile rurale per l'esercizio della propria attività lavorativa.