Jobs Act e omessa indicazione dei criteri di rotazione: CIGO e CIGS illegittime

Pubblicato il 03 dicembre 2015

La fissazione dei criteri di rotazione, da osservare in caso di sospensione del personale per fruizione della CIGO (Cassa integrazione guadagni ordinaria), costituiva argomento oggetto di indirizzi giurisprudenziali contrastanti prima del D.lgs. n. 148/15 di riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali.
Invero, mentre in materia di CIGS la questione trovava specifica disciplina nell’art. 1 commi 7 e 8 della L. n. 223/91, che imponeva all’imprenditore l’obbligo di indicare, sin dall’avvio della procedura sindacale, i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità della rotazione, ovvero le eventuali ragioni di ordine tecnico-organizzativo preclusive all’adozione di tali meccanismi di rotazione, analoga previsione non era contenuta nella L. n. 164/1975.
L’art. 5 comma 1 della L. n. 164 cit. stabiliva soltanto l’obbligo per l’imprenditore di “comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, la durata prevedibile della contrazione o sospensione e il numero dei lavoratori interessati”. Nessun riferimento era pertanto contenuto rispetto ai criteri di rotazione del personale da sospendere.


1) L’orientamento sull’omessa indicazione dei criteri di rotazione in materia di CIGS

La giurisprudenza di legittimità, infatti, è ormai pacificamente orientata a ritenere che la violazione dell’art. 1 commi 7 e 8 della L. n. 223 cit. per omessa specificazione dei criteri di rotazione rende illegittimo il decreto di concessione del trattamento di CIGS. In conseguenza di ciò al lavoratore sospeso spetta il diritto soggettivo di chiedere al giudice ordinario la condanna, previa disapplicazione “incidenter tantum” (in via puramente incidentale), del provvedimento amministrativo di concessione della CIGS e quella del datore di lavoro al pagamento dell’integrale obbligazione retributiva (Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 11-05-2000, n. 302; Cass. civ. Sez. lavoro, 26/09/2011, n. 19618; Cass. civ. Sez. lavoro, 11/04/2007, n. 8707).


2) L’indirizzo che ritiene non applicabile alla CIGO i criteri di rotazione all’atto dell’esame congiunto


Secondo alcune pronunce della giurisprudenza di merito, proprio la diversa formulazione dell’art. 5 della L. n. 164 cit., rispetto al testo dell’art. 1 della L. n. 223 cit., spiegherebbe perché le procedure sindacali e amministrative funzionali al conseguimento della CIGO sarebbero legittime anche qualora in esse non vengano indicati i criteri di rotazione del personale da sospendere (cfr. Trib. Milano Sez. lavoro, 09/04/2014; Trib. Cassino Sez. lavoro, 02/12/2013; Trib. Ivrea Sez. lavoro, 22/06/2005).


3) L’indirizzo che ritiene applicabile alla CIGO i criteri di rotazione all’atto della domanda


Invece, altro indirizzo della giurisprudenza di merito, sul presupposto dell’applicazione analogica della previsione di cui all’art. 1 commi 7 e 8 della L. n. 223 cit. alla materia della CIGO, è giunto ad affermare l’illegittimità del decreto di concessione del trattamento di integrazione salariale ordinaria per mancata adozione dei criteri di rotazione (cfr. Trib. Cassino Sez. lavoro, 25/01/2012; Trib. Milano 30/12/2006, Trib. Milano, 13/12/2007). Tale indirizzo, mediante il ricorso all’analogia, giunge per la CIGO alla medesime conclusioni stabilite dalla Suprema Corte per violazione dei criteri di rotazione in materia di CIGS.
Sul contrasto sorto nella giurisprudenza di merito non si riscontrano pronunce della giurisprudenza di legittimità.
Anche alla luce del c.d. Jobs act, la tematica non pare risolvibile de plano.


4) Il c.d. "jobs act"


Il D.lgs. n. 148/15, di attuazione della L. n. 183/14 (c.d. Jobs Act), nel riordinare la disciplina degli ammortizzatori sociali, ha omesso, per il trattamento di CIGO, il riferimento all’osservanza dei criteri di rotazione.
Questi ultimi invece costituiscono oggetto di specifica disposizione nel caso di procedimento volto a conseguire la CIGS.
Sicché, anche all’esito della riforma, si registra quella diversa formulazione letterale delle norme che disciplinano il procedimento di concessione della CIGO e della CIGS e che hanno generato gli indirizzi interpretativi contrastanti sopra descritti.
Infatti, per la CIGO l’art. 14 del D.lgs. n. 148 cit. rubricato “informazione e consultazione sindacale” stabilisce al comma 1 che la comunicazione alle organizzazione sindacali deve avere ad oggetto “[…] le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati”. Il comma 4 dispone poi che “nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la sospensione o la riduzione dell’attività produttiva”, il contenuto della comunicazione deve comprendere “la durata prevedibile della sospensione o riduzione e il numero dei lavoratori interessati”. L’art. 15 del D.lgs. n. 148 disciplina poi il procedimento per la presentazione della domanda, stabilendo che quest’ultima debba essere inoltrata in via telematica all’INPS e nella stessa debbono essere indicati “la causa della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro e la presumibile durata, i nominativi dei lavoratori interessati e le ore richieste”.
Per quanto riguarda invece la CIGS non si rinvengono differenze rispetto al contenuto dell’informazione preventiva all’organizzazione sindacale, atteso che l’art. 24 comma 1 del D.lgs. n. 148 cit. stabilisce che tale avviso deve avere a oggetto “l’entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati”.
La diversa disciplina rispetto alla CIGO investe semmai il tema dell’esame congiunto, dal momento che quest’ultimo, ai sensi dell’art. 24 comma 3 del D.lgs. n. 148 cit., deve vertere, tra l’altro, sui “[…] criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, che devono essere coerenti con le ragioni per le quali è richiesto l’intervento, e le modalità della rotazione tra i lavoratori o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione”.


5) Considerazioni conclusive

La circostanza che il D.lgs. n. 148 cit. non abbia innovato la pregressa disciplina in materia di criteri di rotazione per il procedimento volto a conseguire la CIGO, sembrerebbe legittimare l’orientamento che ritiene che l’omessa indicazione di tali parametri in sede procedimentale non infici la legittimità del decreto di concessione del trattamento. In altre parole, si sostiene che se il Legislatore della riforma avesse voluto equiparare le fattispecie procedimentali della CIGO e della CIGS per ciò che concerne l’indicazione dei criteri di rotazione lo avrebbe fatto espressamente, giacché ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto). Non v’è dubbio che si tratta di un esegesi persuasiva e dotata di un valido fondamento.
Tuttavia ragioni sostanziali portano a ritenere condivisibile l’altro indirizzo, che considera i criteri de quibus determinanti ai fini della validità della fattispecie procedimentale per l’ottenimento della CIGO.
L’informativa alle organizzazioni sindacali e l’esame congiunto con queste ultime costituiscono fasi procedimentali comuni al trattamento di CIGO e CIGS. Lo scopo di tali consultazioni non si distingue in ragione delle diverse finalità dei predetti istituti (l’uno dettato per fronteggiare crisi temporanee, mentre l’altro volto a riparare difficoltà strutturali), ma è comune e consiste nel limitare il potere del datore di lavoro nel procedere alla sospensione della prestazione lavorativa svolta dai lavoratori (cfr., in particolare, Cass. 17 marzo 1998 n. 2882 e Cass. 9 novembre 1998 n. 11263). Tale limitazione è funzionale a prevenire assetti iniqui e arbitrari, onde assicurare una gestione razionale e obiettiva del sussidio finanziario pubblico, garantendo così un’equa ripartizione tra i lavoratori dei sacrifici derivanti dalla collocazione in cassa integrazione.
Proprio perché la ratio di entrambe le fattispecie procedimentali è identica, si ritiene ammissibile applicare analogicamente la previsione di cui all’art. 24 comma 3 del D.lgs. n. 148 cit. anche alla fattispecie di cui all’art. 14 comma 1 del medesimo testo legislativo: ubi eadem legis ratio, ibi eadem legis dispositio (dov’è una stessa ragione di legge, ivi deve aver vigore la medesima norma).


6) La buona fede oggettiva ergo la rotazione del personale


Ma v’è un argomento forse ancor più pregnante a sostegno dell’indirizzo che ritiene corretta l’osservanza anche in sede procedimentale dei criteri di rotazione per la CIGO.
Se si parte dall’assunto, per vero ineccepibile, che la scelta dei lavoratori da sospendere risponde alla finalità di tutelare gli interessi di costoro in relazione alla crisi temporanea o strutturale dell’impresa, e conseguentemente di garantire un’equa ripartizione del sacrificio, in altre parole si predica che il potere di sospensione deve essere esercitato dal datore di lavoro in maniera conforme ai criteri di correttezza, buona fede e non discriminazione. In tal senso la determinazione dei criteri di rotazione del personale da sospendere non è altro che espressione dell’osservanza dei principi di trasparenza e buona fede.
Orbene, se tali principi debbono assistere il potere datoriale all’atto della sospensione dei rapporti di lavoro, ciò significa che gli stessi debbono essere applicati, per ragioni di logica e di coerenza, anche nella fase propedeutica alla sospensione, cioè nel procedimento di consultazione sindacale.
Affermare, invece, che i criteri di rotazione non debbono essere stabiliti in sede procedimentale, ma che comunque il potere datoriale di sospensione debba essere esercitato in maniera conforme ai criteri di buona fede e correttezza (come si rinviene nella motivazione delle sentenze che aderiscono all’orientamento più restrittivo) significa cadere in contraddizione a causa di miopi formalismi letterali.

Se la buona fede, ergo la rotazione del personale da sospendere, deve essere osservata in sede di esecuzione dell’accordo, a maggior ragione, anche per finalità di trasparenza, la regola relativa deve essere stabilita all’atto della formazione dell’accordo stesso.

In ogni caso, l’indirizzo qui contestato omette di considerare che la buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c. assolve, rispetto al regolamento negoziale, anche funzione etero-integrativa, che è indipendente dalla volontà delle parti e che si esplica laddove il programma concordato sia strutturato male o secondo modalità che possano ostacolare la realizzazione di un equilibrato assetto degli interessi negoziali (cfr. Cass. civ. Sez. I, 24/09/1999, n. 10511). E l’omessa indicazione dei criteri di rotazione rischia di generare proprio un siffatto disequilibrio.

Sulla base di tali argomentazioni si può pertanto convenire con l’assunto che ritiene che nel procedimento per la CIGO, così come per quello relativo alla CIGS, l’omessa determinazione dei criteri di rotazione del personale da sospendere comporti l’illegittimità del provvedimento di concessione del trattamento, con il consequenziale riconoscimento in capo al lavoratore di chiedere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.


Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.

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