Non esiste alcun dovere, da parte della pubblica amministrazione, di pronunciarsi sull’istanza di autotutela e, mancando tale dovere, il silenzio su di essa non equivale ad inadempimento né può essere considerato un diniego, in assenza di una norma specifica che così lo qualifichi giuridicamente. Ne consegue che il silenzio serbato, nella specie, dall'amministrazione finanziaria sull'istanza di autotutela presentata da un contribuente, non è contestabile davanti ad alcun giudice.
Così statuendo, la Consulta ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 quater, comma 1 D.L. n. 564/1994 (Disposizioni urgenti in materia fiscale), convertito dalla Legge n. 656/1994 e dall'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, sollevata dalla Commissione tributaria, nell'ambito di un processo instaurato da un contribuente contro il presunto “silenzio – rifiuto” formatosi sulla sua istanza di autotutela, avente ad oggetto degli avvisi di accertamento per la rettifica dei propri redditi professionali.
Il Giudice rimettente censurava la normativa sopra indicata in quanto – a suo dire – “consentirebbe all'amministrazione di mantenere in vita atti impositivi palesemente illegittimi”, che portano ad essa “un profitto sostanzialmente ingiustificato e del tutto svincolato dalla capacità contributiva del contribuente”, nonché di “rimanere inerte sull'istanza di autotutela” in ipotesi presentata dal destinatario interessato, con la conseguente impossibilità, per quest’ultimo, di contestare il silenzio.
La censura in questione – precisa la Corte Costituzionale con sentenza n. 181 del 13 luglio 2017 – non merita accoglimento in quanto, diversamente da quanto argomenta il rimettente, l’autotutela non assume funzione giustiziale di tutela del contribuente. Costituisce piuttosto espressione di amministrazione attiva e comporta di regola valutazioni discrezionali, non esaurendosi il potere dell’autorità che adotta il provvedimento, unicamente nella verifica della legittimità dello stesso e nel suo doveroso annullamento se ne riscontra l’illegittimità.
D’altra parte, si legge ancora nella pronuncia, affermare il dovere dell’amministrazione di rispondere all'istanza di autotutela significherebbe, in altri termini, creare una nuova situazione giuridicamente protetta del contribuente, per giunta azionabile sine die dall'interessato, il quale potrebbe riattivare in ogni momento il circuito giurisdizionale, superando il principio della definitività del provvedimento amministrativo e della correlata stabilità della regolazione del rapporto che ne costituisce oggetto.
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