In caso di un accertamento retributivo, prevale la diffida accertativa emessa dagli ispettori del lavoro, anche laddove intervenga una conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore. Tale orientamento è valido solo al di fuori della conciliazione monocratica esperita presso le Sedi dell'Ispettorato del lavoro. Altre forme di conciliazioni possono essere fatte valere esclusivamente in sede giudiziale. In altri termini, non è possibile dare rilievo ad accordi conciliativi intervenuti in forme diverse dalla conciliazione monocratica, sia nel caso in cui intervengano prima della validazione della diffida accertativa sia in fase successiva.
Ne dà notizia l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota n. 5066 del 30 maggio 2019, fornendo utili chiarimenti sui casi di possibili interferenze tra il procedimento di emanazione e convalida della diffida accertativa per crediti patrimoniali e le procedure di conciliazione svolte presso l’Ispettorato territoriale del lavoro, in sede sindacale o nelle forme della risoluzione arbitrale. In particolare, i chiarimenti riguardano sia ipotesi in cui, successivamente all’emanazione della diffida accertativa ma prima della sua validazione, sia sottoscritto dalle parti un verbale di conciliazione tra quelli sopra menzionati, sia casi in cui la conciliazione intervenga dopo la validazione della diffida accertativa.
Innanzitutto, l’Inl ricorda che la diffida accertativa per crediti patrimoniali, disciplinata dall’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, stabilisce espressamente che il tentativo di conciliazione va promosso dal datore di lavoro presso l’Ispettorato territoriale del lavoro (Itl).
Quindi, le modalità di espletamento della conciliazione sono quelle della conciliazione monocratica di cui all’art. 11 del predetto decreto legislativo.
La circostanza che le pretese retributive siano oggetto di un accertamento ispettivo non può non avere riflessi sulla fase conciliativa; sotto tale aspetto, quindi, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la circolare n. 24/2004 ha previsto che la conciliazione sulle retribuzioni non può avere riflessi sull’imponibile contributivo che dovrà essere comunque calcolato, secondo quanto accertato dall’organo ispettivo, ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 338/1989, convertito in L. n. 389/1989.
Alla luce di tali osservazioni, per l’Ispettorato nazionale del lavoro non appare possibile dare rilievo ad accordi conciliativi intervenuti in forme diverse da quelle prescritte dall’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, sia nel caso in cui intervengano prima della validazione della diffida accertativa sia in fase successiva.
Di conseguenza, una volta adottata e validata la diffida accertativa, eventuali motivi di doglianza da parte del datore di lavoro in ordine a conciliazioni intervenute presso altre sedi potranno essere fatte valere giudizialmente esclusivamente nella fase dell’opposizione all’esecuzione.
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