Come preannunciato, la legge di conversione del decreto "Cura Italia" introduce, con una formulazione inusuale, una misura volta a salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori flessibili. In tal senso, l'art. 19-bis, Legge 24 aprile 2020, n. 27, consente ai datori di lavoro, che accedono ai trattamenti di integrazione salariale previsti agli artt. da 19 a 22, di derogare alle disposizioni di cui agli artt. 20, comma 1, lett. c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lett. c), del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, potendo procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione.
Assistiamo, ancora una volta, ad un'errata rubricazione dell'articolo rispetto al suo contenuto, ma stavolta, forse, a fin di bene.
Com'é noto, l'interpretazione autentica consente, al legislatore, di chiarire il significato di norme giuridiche preesistenti che generano dubbi o interpretazioni giudiziali contrastanti. A differenza delle altre modalità d'introduzione di un atto normativo, una norma di interpretazione autentica non è assoggettata al generale principio di irretroattività della legge.
La scelta del legislatore non è, dunque, casuale. Difatti, nell'attuale situazione emergenziale, ancorché non possa rinvenirsi una norma da chiarire, la formulazione posta dal legislatore ha il dichiarato scopo di preservare i livelli occupazionali dei lavoratori a termine o in somministrazione, nonché di sanare eventuali proroghe o rinnovi precedentemente stipulati dai datori di lavoro che abbiano avuto accesso agli ammortizzatori sociali per le sospensioni o riduzioni d'attività strettamente collegate all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Questione non di poco conto se, invece, si guarda la possibile illegittimità del provvedimento per i medesimi motivi di cui sopra. In tal senso, non rinvenendosi alcuna portata interpretativa quanto, piuttosto, una deroga alle disposizioni del Testo unico sui contratti, potrebbe decadere l'irretroattività auspicata, preservando, dunque, solo quei rinnovi e quelle proroghe successive all'entrata in vigore della legge di conversione.
Le deroghe introdotte dall'art. 19-bis, Legge 24 aprile 2020, n. 27, sono applicabili unicamente a quei datori di lavoro che, per le conseguenze derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno avuto accesso ai trattamenti di integrazione salariale, comunque denominati, e per il solo periodo in cui tali trattamenti sono concessi. A tal fine si ricorda che i trattamenti di integrazione salariale, attualmente, sono richiedibili per un periodo massimo di nove settimane, calcolate come disposto dalla Circolare INPS 20 aprile 2009, n. 58, per il periodo tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 agosto 2020.
L'art. 19-bis, Legge 24 aprile 2020, n. 27, dispone che i datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali sorretti da causale COVID-19, possono procedere, per tutta la durata del trattamento, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione. Le deroghe previste dal sopracitato articolo intervengono sulle seguenti disposizioni del Testo unico dei contratti:
Appare opportuno segnalare che nessuna deroga è stata posta sulle causali previste dall'art. 19, comma 1, Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In tal senso, ancorché l'azienda rientrasse nelle disposizioni di cui all'art. 19-bis, Legge 24 aprile 2020, n. 27, sussistono gli obblighi di indicazione della causale (esclusivamente per: 1_esigenze temporanee e oggettive estranee all'ordinaria attività; 2_sostituzione di altri lavoratori; 3_esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'ordinaria attività) per i rinnovi dei contratti a termine ovvero per le proroghe superiori al limite dei dodici mesi di durata.
La previsione dell'art. 19-bis si colloca all'interno del complesso sistema dei rapporti di lavoro a tempo determinato, creando uno spazio temporale nel quale vigono le deroghe sopra richiamate. In tale ambito, la previsione di un'interpretazione autentica può, certamente, dare manforte a quelle imprese che hanno investito su lavoratori a termine, nell'auspicio della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, e che potranno, nel rispetto dei termini e delle causali ex art. 19, Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, prorogare o rinnovare i rapporti di lavoro scadenti nel periodo di accesso ai trattamenti di integrazione salariale. Altresì, se è vero che sarà possibile prorogare liberamente i rapporti di lavoro a tempo determinato di durata, anche complessivamente, inferiore ai dodici mesi, il superamento di detto limite ovvero il rinnovo di un precedente contratto a termine apre la ricerca alle causali impossibili, di cui restano salve le sole esigenze sostitutive.
Ulteriore questione, non di poco conto, riguarda i molteplici accordi quadro regionali ex art. 22, Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, che prevedono espressamente il riconoscimento del trattamento di cassa integrazione salariale in deroga ai lavoratori a tempo determinato sino alla naturale scadenza del contratto. In tale ambito, nella ferma convinzione che la norma legale superi quella contrattuale, sarà comunque necessario che l'impresa, ove necessario, proceda ad una domanda integrativa del trattamento salariale.
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