Non ha incontrato il favore dei dottori commercialisti l’annuncio del premier Conte, l’11 gennaio scorso, sull’apertura anche ai consulenti del lavoro per ricoprire gli incarichi di curatore fallimentare, commissario giudiziale e liquidatore.
Il recentissimo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha previsto, all’art. 358, che i Cdl possano accedere al costituendo albo degli incaricati della gestione e del controllo nelle procedure. L’inserimento è stato osteggiato dall’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, secondo cui i consulenti del lavoro non sono in possesso delle necessarie competenze per poter svolgere questa attività.
Gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti chiedono un'Assemblea plenaria e straordinaria in cui il Consiglio Nazionale dovrà dar conto delle azioni che intende intraprendere per difendere la categoria.
Miani, presidente Cndcec, sostiene che, in sede di esame di stato, i Cdl non sostengono l’esame di diritto fallimentare.
Si uniscono alla protesta i giovani dottori commercialisti. Il presidente dell'Ungdcec, Daniele Virgillitto, afferma che “Azioni imprudenti come questa mettono a rischio la tenuta di un'intera categoria composta da 118 mila professionisti che hanno creduto nella formazione e soprattutto si mette a rischio l'efficacia di un provvedimento che è stato costruito proprio sulla base delle competenze specialistiche che solo commercialisti e avvocati hanno dimostrato di possedere”.
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