Nuova decisione della Suprema Corte che boccia il divieto di cumulo INPGI 1 tra la pensione di anzianità di un giornalista e suoi redditi eccedenti i 22 mila 524 euro l’anno. Verdetto sfavorevole, quindi, all’Istituto Previdenziale che - in base ad una serie di norme di legge tuttora in vigore a partire dalla legge Rubinacci del 1951 e dalla successiva legge Vigorelli del 1955 - gestisce per i giornalisti lavoratori subordinati una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS. Pertanto, occorre applicare la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’INPS che consente la piena libertà di cumulo tra la pensione di anzianità ed altri redditi.
Dunque, è stato disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’INPGI 1, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’AGO.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22170 del 3 agosto 2021.
Il caso riguarda un giornalista in pensione che si era visto decurtare del 50% la sua pensione di anzianità sulla quota eccedente la franchigia ammessa dall’art. 15 del Regolamento INPGI – Gestione Sostitutiva dell’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria).
Attualmente, si ricorda che la riforma approvata il 23 giugno 2021 dal Consiglio di Amministrazione dell’INPGI, in attesa di convalida da parte dei Ministeri vigilanti del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e delle Finanze, qualora divenisse operativa, sarebbe molto più penalizzante per i giornalisti rispetto ad oggi. Infatti, la nuova riforma prevede di rimodulare il limite di reddito cumulabile con la pensione INPGI 1, riducendo la franchigia ad appena 5.000 euro annui (cifra che è largamente inferiore rispetto ai 22.524 euro l’anno ammessi dall’attuale art. 15 del Regolamento INPGI 1).
La Corte di Cassazione afferma che la norma regolatrice (art. 72, co. 2 della L. n. 388/2000, poi esteso dall’art. 44, co. 2 della L. n. 289/2002) è tale da legittimare l’interpretazione della stessa nel senso che il regime di cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dalla stessa introdotta operi identicamente per la previdenza sociale obbligatoria e per le forme sostitutive della stessa anche ove gestite da enti privatizzati cosicché la stessa previsione possa rappresentare quella “norma espressa” che lo stesso INPGI sostiene essere necessaria perché la disciplina settata per i trattamenti pensionistici gestiti dall’AGO sia applicabile all’Istituto medesimo.
Conformemente a tale orientamento, la sentenza impugnata ha disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’INPGI che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico difformemente da quanto previsto nel regime relativo all’AGO.
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