Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con sentenza n. 17685 pubblicata il 7 settembre 2015, hanno composto un contrasto che riguarda l’interpretazione da attribuirsi alla norma di cui all’art. 2 del DPR n. 1124/1965 con il comma aggiunto dall’art. 12 del D.Lgs. n. 38/2000.
Nello specifico, è stato riaffermato il principio secondo cui l’espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della “causa violenta” ma anche della “occasione di lavoro”, con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale, in sostanza, venga a mancare la “occasione di lavoro” in quanto il collegamento tra l’evento e il “normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro” risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica (come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali tra l’aggressore e la vittima del tutto estranei all’attività lavorativa ed a situazioni di pericolo individuale, alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro).
Per quanto sopra è stata esclusa la sussistenza dell’infortunio in itinere nel caso specifico di una donna aggredita mortalmente dal suo convivente nel tragitto casa-lavoro.
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