Lo scorso 4 ottobre l'INAIL ha pubblicato due raccomandazioni, la n. 5/2020 e n. 8/2020, della Sovrintendenza sanitaria centrale sul tema dell’infezione da Covid-19 in ambito lavorativo e sulla relativa tutela infortunistica. In particolare:
Prima di approfondire i contenuti delle suindicate raccomandazioni è opportuno fare un piccolo salto indietro alla disciplina normativa emergenziale e ai successivi interventi di prassi.
Con il diffondersi dell'epidemia da COVID-19 il legislatore ha esteso la copertura assicurativa INAIL per infortunio anche ai casi di contagio avvenuti sul luogo di lavoro.
L'articolo 42 comma 2 del Cura Italia (decreto legge n. 18/2020 convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020) ha infatti stabilito che "Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la conseguente astensione dal lavoro".
Tal norma è applicabile ai datori di lavoro pubblici e privati.
Sono destinatari della tutela i lavoratori dipendenti e assimilati, in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nonché gli altri soggetti previsti dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 (lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all’area dirigenziale) e dalle altre norme speciali in tema di obbligo e tutela assicurativa INAIL.
L'INAIL ha fornito le istruzioni operative con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 e con la circolare n. 22 del 20 maggio 2020.
La tutela assicurativa copre anche:
Con la Raccomandazione n. 5/2020 si chiarisce che il periodo di inabilità temporanea assoluta (ITA) da infortunio COVID-19:
Il periodo di ITA va chiuso anche se l'infortunato ha ripreso l’attività lavorativa prima della conclusione dell’indagine medico-legale. Se però dopo il secondo tampone negativo ricompaiono i sintomi, il primo periodo di ITA, purchè non ancora definito, si prolunga fino alla risoluzione della sintomatologia e alla nuova negativizzazione del soggetto.
Se, invece, la ricomparsa dei sintomi avviene a distanza di tempo dalla chiusura del primo periodo di ITA, si dovrà procedere all’apertura di un incarico di ricaduta ovvero di un nuovo incarico base, nel caso si trattasse di recidiva.
La Raccomandazione n. 5/2020 chiarisce infine che il periodo di ITA va regolarizzato nel momento in cui i dati clinici e strumentali e/o laboratoristici consentono la conferma diagnostica di infezione da COVID-19, laddove per “conferma diagnostica”, ai fini medico-legali indennitari, si intende anche la ricorrenza di un quadro clinico e strumentale suggestivi di COVID-19, in compresenza di elementi anamnestico-circostanziali ed epidemiologici dirimenti.
Ai fini della diagnosi medico-legale è utile il risultato del test sierologico. La positività del tampone può essere desunta anche soltanto dalla annotazione specifica riportata nella documentazione sanitaria disponibile.
Nei casi di malattia-infortunio da COVID-19 l’accertamento della fonte di contagio è il primo atto da compiere, prodromico all'istruttoria medico-legale.
Con la raccomandazione n. 8/2020 si chiariscono i criteri da seguire per stabilire il nesso causale tra l’infezione e l’attività lavorativa nonchè il perimetro della presunzione semplice nelle infezioni da SARS-CoV-2.
La presunzione semplice, si legge nella raccomandazione, non esclude che vengano effettuate specifiche verifiche. In particolare:
In conclusione, la raccomandazione evidenzia che la presunzione semplice facilita il riconoscimento per le categorie a elevato rischio, senza però introdurre alcun automatismo. Inoltre il mancato inserimento del lavoratore nell’elenco delle categorie lavorative a elevato rischio non preclude, né pregiudica in alcun modo il riconoscimento della tutela, anche in una condizione di solo rischio generico aggravato.
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