Qualora si verifichi un infortunio in azienda, e il datore di lavoro venga condannato per l’accaduto, non scatta in automatico la sanzione prevista dall’art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001, che si configura esclusivamente quando l'azienda ha un interesse o un vantaggio per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza in relazione al reato di omicidio colposo o lesioni personali colpose addebitate all'imputato. In tale contesto, il compito del giudice è quello di controllare se prima del sinistro l'impresa abbia predisposto un modello organizzativo e di gestione del rischio, conforme alle norme e attuato in modo efficace.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43656 del 28 ottobre 2019.
Il D.Lgs. n. 231/2001 all’art. 25-septies prevede specifiche sanzioni per l’ente nel caso di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Allo stesso tempo, l’art. 5 del medesimo decreto legislativo richiede, ai fini della sussistenza di tale responsabilità, che sia accertato l’interesse o il vantaggio dell’ente medesimo.
In particolare, l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
Nel caso di specie, la Corte d’Appello sbaglia a confermare a carico della società la condanna ex artt. 5, co. 1, e 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001, limitandosi a motivarla sull'inadeguatezza del piano operativo di sicurezza (Pos). E ciò perché un conto è il Pos e un altro il modello di organizzazione, gestione e controllo (Mogc).
Nella sentenza di merito, quindi, manca la valutazione su contenuto e adeguatezza del Mogc. Pertanto, senza verifica del modello organizzativo non si può affermare la responsabilità amministrativa dell'ente. Infatti, affinché scatti la “sanzione 231”, occorre che la violazione delle norme antinfortunistiche determini un risparmio di spesa e un vantaggio quando l'inosservanza consente un aumento della produttività.
In conclusione, compete al giudice di merito accertare preliminarmente l’esistenza di un modello organizzativo e, conseguentemente, laddove questo effettivamente sia stato adottato, che lo stesso sia conforme alle norme. Infine, come ulteriore e ultimo passaggio logico, bisogna verificare la sua efficace attuazione nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto illecito.
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