Il trattamento di fine rapporto è esigibile esclusivamente alla cessazione del rapporto di lavoro e, nel caso in cui il prestatore di lavoro abbia impugnato il licenziamento intimato ed abbia ottenuto l'esito favorevole dell'ordine di reintegrazione, la predetta voce di retribuzione differita è inesigibile per mancanza dell'intervenuta cessazione del rapporto di lavoro.
La conferma arriva dall'ordinanza della Corte di Cassazione 3 febbraio 2021, n. 2476, che conferma la pronuncia del giudice di merito secondo cui deve ritenersi inammissibile l'opposizione allo stato passivo del fallimento proposta dal lavoratore per il riconoscimento del trattamento di fine rapporto spettante in relazione al licenziamento intimato dalla società e successivamente dichiarato illegittimo, per impugnazione del medesimo lavoratore, con conseguente ordine di reintegrazione.
In particolare, i giudici di Piazza Cavour rigettavano il ricorso precisando che il ricorrente, al fine di ottenere il trattamento di fine rapporto, avrebbe dovuto esercitare il diritto di opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, ai sensi dell'art. 18, comma 5, Legge 20 maggio 1970, n. 300, una volta ricevuto l’invito da parte del datore di lavoro alla ripresa del servizio.
In mancanza dell’esercizio del predetto diritto di opzione il rapporto di lavoro non si considera cessato e di conseguenza non è esigibile il TFR.
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