Induzione indebita a carico del commercialista che si spartisce la tangente con i funzionari del Fisco

Pubblicato il 29 gennaio 2014 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 3722 depositata il 28 gennaio 2014, ha provveduto a riqualificare come “induzione indebita” il fatto contestato ad un commercialista in concorso con due funzionari dell'agenzia delle Entrate ed originariamente indicato come concussione.

Nel caso esaminato, il professionista era stato condannato nell'ambito di una vicenda in cui i due funzionari avevano indotto il proprietario di un bar a pagare agli stessi una somma di denaro per evitare l'attività di accertamento che sarebbe conseguita ad un controllo dal quale erano emerse diverse irregolarità fiscali e previdenziali. Il commercialista del contribuente aveva fatto da tramite per l'effettuazione del pagamento ed aveva anche trattenuto una parte del denaro tanto che, a seguito di accertamento, era stato a sua volta condannato per concussione, in concorso con i due funzionari del fisco.

I giudici di legittimità, in particolare, hanno ritenuto fondato il ricorso promosso dal commercialista per quel che riguarda l'esatta qualificazione giuridica del fatto; quest'ultimo – a detta dei giudici di Cassazione - doveva essere fatto rientrare nella nuova ipotesi di reato di cui all'articolo 319 quater del Codice penale, in continuità normativa rispetto alla concussione nella forma previgente; ed infatti, nella specie, i pubblici ufficiali avevano prospettato alla vittima “un danno in sé lecito in quanto sarebbe conseguito ad un loro doveroso accertamento di irregolarità fiscali effettivamente sussistenti, prospettando quindi un male "giusto" rientrante nella nuova figura normativa”.
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