La Corte di cassazione, Terza sezione penale, con sentenza n. 48211 del 4 dicembre 2015, ha annullato, con rinvio, la condanna per indebita compensazione dei crediti di cui all’articolo 10 quater del Decreto legislativo n. 74/2000, impartita dai giudici di merito nei confronti di un contribuente.
Condividendo i rilievi dedotti dalla difesa dell’imputato, la Suprema corte ha ritenuto che nel testo della sentenza di merito non fossero state adeguatamente valutate alcune allegazioni del ricorrente in ordine all’elemento soggettivo del reato.
Con riferimento, infatti, alla sussistenza di questo ultimo elemento, rappresentato, nella specie, nel dolo generico, la Corte di merito aveva circoscritto la propria indagine alla mancata vigilanza da parte dell’imputato dell’operato del commercialista – che a suo dire sarebbe incorso in un errore contabile – ed alla insufficiente attenzione prestata, sempre dall’imputato, rispetto all’anomalo accrescimento del volume d’affari.
Per contro – si legge nel testo della pronuncia - la prospettazione della buona fede, per come evidenziata dalla difesa del contribuente, avrebbe dovuto indurre il tribunale ad approfondire il tema tenendo conto non solo delle oggettive difficoltà di interpretazione della norma a causa della generica formula adoperata dal legislatore, ma anche in considerazione degli orientamenti emersi sullo specifico tema nella giurisprudenza tributaria.
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