Con sentenza n. 192 depositata il 24 settembre 2015, la Corte Costituzionale – ritenendo fondata la questione sollevata dal Tribunale di Lecce – ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 106 bis del D.p.r. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) come introdotto dall'art. 1 comma 606 della Legge 147/2013 (Legge stabilità 2014), per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato, sia operata in caso di applicazione di tariffe non adeguate a norma dell'art. 54 medesimo D.p.r. 115/2002.
Nella specie infatti – ha chiarito la Consulta – il legislatore, che con la menzionata Legge di stabilità ha operato una drastica riduzione dei compensi spettanti agli ausiliari dei magistrati, non avrebbe dovuto ignorare che andava ad agire su compensi già di per sè non adeguati ai sensi dell'art. 54 D.p.r. 115/2002. Disposizione, quest'ultima, che impone l'aggiornamento degli onorari dei soggetti in questione, almeno ogni tre anni, in relazione alla variazione, accertata dall'Istat, degli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati; adeguamento che tuttavia non risulta essere intervenuto da ben oltre un decennio (l'ultimo risale al 30 maggio 2002).
Sicché, dopo anni ed anni di inerzia amministrativa – ha proseguito la Corte – la base tariffaria su cui calcolare i compensi, già prima del contestato intervento normativo, risultava seriamente sproporzionata per difetto.
Il non aver tenuto conto di ciò, nel momento in cui veniva deciso un significativo intervento di riduzione, induce a concludere, nella prospettiva segnata dall'art. 3 Cost., che la scelta legislativa abbia superato il limite della manifesta irragionevolezza.
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