La convenienza o meno a passare al regime dei minimi/marginali va ricondotta essenzialmente alla perdita del diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti. Oltre all’imposta sostitutiva del 20%, occorre considerare, infatti, che i soggetti minimi, non addebitando l’Iva ai clienti, non recuperano l’imposta assolta sugli acquisti. Questo effetto penalizza particolarmente quei contribuenti che svolgono la propria attività nei confronti dei soggetti passivi d’imposta ai fini Iva, come il professionista che per le prestazioni professionali svolte nei confronti di una società, pattuisce il proprio compenso al netto dell’Iva, o l’imprenditore edile che lavora per un Comune. Per il test di convenienza occorre, comunque, incrociare le conseguenze Iva con la disciplina delle imposte dirette. Nella scelta del regime fiscale, inoltre, occorre considerare anche le semplificazioni contabili e fiscali riservate ai contribuenti che rientrano nei minimi. Tra le variabili che potrebbero rendere particolarmente oneroso e, quindi, sconveniente, l’abbandono del regime ordinario in favore del forfetario, rientrano le disposizioni che rendono obbligatoria la rettifica della detrazione Iva e la rinuncia dell’imposta a esigibilità differita.
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