Incendio Thyssen, nessuna rideterminazione per le pene dei manager

Pubblicato il 20 ottobre 2017

Sono stati dichiarati inammissibili dalla Terza Sezione penale della Cassazione i ricorsi straordinari presentati dall’ex amministratore delegato, da alcuni dei membri del consiglio di amministrazione nonché dal direttore dell’area tecnica e servizi addetto alla pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio della Thyssen, ricorsi volti alla rideterminazione delle condanne penali loro inflitte in conseguenza dell’incendio avvenuto nello stabilimento di Torino nel 2007, dal quale era derivata la morte di sette operai.

Nelle pronunce – ordinanze n. 48194, 48195 e 48197 depositate il 19 ottobre 2017 – la Suprema corte ha sottolineato come fosse del tutto assente l’errore di fatto denunciato dai ricorrenti rispetto alle decisioni dei giudici di legittimità che avevano confermato la loro responsabilità per la mancanza, nello stabilimento, di adeguate misure di sicurezza.

Il ricorso straordinario rivolto alla Corte di legittimità si era risolto – a parere della Terza sezione – nella “mera riproposizione”, sotto altra forma, di questioni già offerte in esame con i motivi dei ricorsi avverso le sentenze delle Corti territoriali.

Precisazioni sul ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Nel testo delle tre ordinanze viene ricordato dagli Ermellini che l’errore materiale e di fatto, indicati dall’articolo 625-bis del Codice di procedura penale come motivi di possibile ricorso straordinario avverso i provvedimenti della Corte di cassazione, consistono rispettivamente:

Conseguentemente, rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto, gli errori di valutazione o di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali.

In definitiva, i tre ricorsi sono stati ritenuti inammissibili con decisione assunta de plano dalla Cassazione.

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