Inammissibile il ricorso di ben 51 pagine

Pubblicato il 01 agosto 2017

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha dichiarato inammissibile un ricorso, laddove le parti avevano esposto lo svolgimento delle vicende di merito impiegando ben 51 pagine, così da escludere la sommarietà dell’esposizione dei fatti e da rendere oltremodo difficoltosa, per i Giudici di legittimità, la ricerca dei fatti rilevanti per la decisione.

La Corte sovviene in proposito che l’art. 366 comma 1 c.p.c., quanto ai requisiti di contenuto e forma del ricorso, prevede che esso debba contenere, a pena di inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”. Laddove per sommarietà si intende un’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica e particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto ed in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si chiede alla Corte di Cassazione una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea.

Ebbene, ai fini del requisito sopra indicato (art. 366 comma 1 n. 3 c.p.c.), la pedissequa riproduzione dell’intero testo letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata. Per altro verso è inidonea a soddisfare la necessità di sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte (dopo averla costretta a leggere tutto) la scelta di quanto effettivamente rileva ai fini dei motivi di ricorso.

Riproduzione meticolosa delle vicende processuali. Complica alla Corte la selezione dei fatti

Questo orientamento trova applicazione anche nella vicenda di specie – pur non avendo il ricorrente inserito la fotoriproduzione degli atti del processo – laddove egli ha ugualmente ecceduto nel riportare, in modo quasi meticoloso, ogni singolo accadimento processuale, sia pure con narrazione propria, ma senza che ve ne fosse necessità.

Moltissime pagine, dunque, per esporre una vicenda nemmeno particolarmente complessa – spiega la Corte Suprema nella sentenza n. 18962 del 31 luglio 2017 – sì da rendere particolarmente “indaginosa”, per la medesima Corte, la selezione dei fatti, anche processuali, sulla base dei quali decidere. Da qui, l’inammissibilità del ricorso.

 

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