In tema di Imu, l’esenzione prevista per la casa principale richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente.
E’ il principio ribadito dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 28534 del 15 dicembre 2020, pronunciata in accoglimento del ricorso promosso dal concessionario per la riscossione contro la decisione con cui la CTR aveva annullato un avviso di accertamento notificato ad una contribuente.
La pretesa tributaria si fondava sul fatto che, nel periodo d’imposta considerato, la contribuente e il marito risiedevano in comuni diversi e che, pertanto, il nucleo familiare non dimorava nell’abitazione per la quale era richiesta l’esenzione Ici (ora sostituita dall’Imu).
Secondo i giudici di secondo grado, tuttavia, non poteva ritenersi che la dimora abituale della famiglia fosse quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche del marito ovvero della moglie, incombendo sull’Amministrazione finanziaria la dimostrazione che la contribuente aveva già beneficiato dell’agevolazione prevista per la prima casa con riguardo all’abitazione di residenza del coniuge.
Da qui il ricorso della società di riscossione secondo la quale, ex adverso, era illegittimo ritenere che la contribuente avesse diritto all’esenzione Ici per l’abitazione principale.
Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il motivo di doglianza della ricorrente, richiamando l’orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nelle ipotesi in cui il soggetto passivo dell’Ici sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi.
Difatti, anche se l’art. 144 c.c. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, per beneficiare delle agevolazioni è la residenza della famiglia e non quella dei singoli coniugi ad assumere rilevanza.
Nel caso in esame, la Commissione tributaria regionale, nell’affermare che la contribuente potesse fruire dell’agevolazione fiscale pur residente in un comune diverso da quello in cui risiedeva il marito, senza espletare alcun accertamento riguardo alla dimora abituale del nucleo familiare, non si era uniformata ai principi di diritto sopra richiamati.
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