Imponibile fiscalmente il compenso dell’amministratore di sostegno

Pubblicato il 10 gennaio 2012 Il compenso assegnato ad un professionista (avvocato) – scelto dal giudice tutelare per curare gli interessi di una persona che per infermità fisica o psichica non può provvedere ai propri interessi – è da considerare a tutti gli effetti come un corrispettivo per lo svolgimento di un’attività professionale. Pertanto, è inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo per attività abituale ed è rilevante ai fini Iva.

La precisazione è stata resa dall’agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 2 del 9 gennaio 2012, in risposta ad un'istanza di interpello avanzata da un avvocato sull'imponibilità o meno dell'indennità liquidata all'amministratore di sostegno.

Si ricorda che la figura dell’amministratore di sostegno è stata introdotta dalla legge n. 6/2004, proprio per tutelare le persone prive dell’autonomia necessaria per curare i propri interessi, anche se non incapaci di intendere e volere. A tale amministratore di sostegno – se scelto al di fuori della cerchia familiare – può essere corrisposta “un’equa indennità”, secondo quanto previsto all’articolo 379 del Codice civile.

Per l’Agenzia, quindi, se il prescelto è un avvocato, la relativa indennità – anche se determinata in via equitativa e su base forfettaria - si configura, sotto il profilo tributario, come un compenso per lo svolgimento di un’attività professionale e deve, perciò, essere inquadrata come reddito di lavoro autonomo soggetto a Irpef (articolo 53 del Tuir) e rilevante ai fini Iva (articoli 3 e 5 del Dpr 633/1972).
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