La Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha confermato la responsabilità contrattuale di un Istituto bancario, per aver disposto l’illegittima segnalazione (al di fuori dei presupposti di legge) alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, della condizione di sofferenza in cui versavano dei debitori. Da qui, la condanna alla cancellazione della predetta segnalazione, nonché al risarcimento del danno.
Già secondo i Giudici distrettuali, non vi erano i presupposti per dar luogo alla suindicata segnalazione, poiché il mancato rispetto, da parte dei debitori, delle scadenze del contratto di mutuo e di quelle relative ad altri rapporti intrattenuti con la banca, non era espressione di insolvenza o, comunque, di gravi e non transitorie difficoltà economiche, ma derivava da ben specifici fattori (sospensione dei prestiti ottenuti; non condivisione dei tassi di interessi praticati dalla banca medesima, da cui era anche originato un contenzioso; transitoria mancanza di liquidità per le caratteristiche di andamento del settore di riferimento – i debitori erano imprenditori agricoli). Avverso detta statuizione, l’Istituto bancario proponeva ricorso incidentale, non ottenendo però la ragione.
La Corte di legittimità, difatti, avallando la decisione di merito, ritiene che nella specie la segnalazione sia stata effettuata al di fuori dei limiti individuati dalla legge. A tal proposito, puntualizza che la normativa emanata per dare attuazione all’art. 51 D.Lgs. n. 385/1993, sebbene persegua interessi pubblici di contenimento dei rischi bancari, finisce - nel momento in cui delinea i presupposti per la segnalazione alla Centrale dei Rischi - anche per integrare il contenuto del rapporto contrattuale con il cliente. E’ infatti evidente che la puntualizzazione dei limiti che giustifichino, in quanto doverosa, una iniziativa suscettibile di incidere sulla reputazione economica e l’operatività bancaria dei clienti, è destinata a proteggere anche direttamente questi ultimi, rispetto alla diffusione di dati che le banche conoscono in ragione dello specifico rapporto obbligatorio che le lega ai clienti medesimi.
Ne discende – conclude la Corte con ordinanza n. 25512 del 26 ottobre 2017 – che la violazione di tale disciplina, laddove si traduca, come nella specie, nell’erronea individuazione di siffatti presupposti, genera una responsabilità negoziale a carico della banca ai sensi dell’art. 1218 c.c., su cui incombe l’onere, laddove insorga controversia, di dimostrare l’adempimento dei propri obblighi (ancorché essi siano frutto, come nel caso, dell’integrazione del contenuto del contratto).
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