La ditta individuale Beta esercita attività di ristorazione. Nel mese di aprile 2011 l’impresa viene sottoposta ad accertamento da parte degli ispettori della DTL, i quali constatano che la ditta occupa, tra gli altri, il cameriere Tizio regolarmente iscritto nel LUL. Le verifiche terminano con verbale, con cui alla ditta Beta vengono contestate irregolarità contributive concernenti proprio il rapporto di lavoro del dipendente Tizio, assunto nell’anno 2007 e all’atto della verifica ispettiva ancora in forza. Gli ispettori rilevano che tali irregolarità hanno riguardato l’intero anno 2008. Nel verbale gli ispettori attestano di aver esaminato tutta la documentazione relativa al rapporto di lavoro di Tizio e che l’ambito temporale dell’indagine ha riguardato l’intero periodo occupazionale di Tizio. L’impresa Beta procede spontaneamente alla regolarizzazione dell’illecito corrispondendo all’INPS il credito accertato. Tuttavia l’Istituto avvia d’ufficio un nuovo procedimento di verifica, al termine del quale contesta alla ditta Beta ulteriori irregolarità contributive correlate alla posizione di Tizio e riferibili all’anno 2009. È legittimo il verbale dell’INPS?
Razionalizzazione delle funzioni ispettive: le occasioni mancate
L’obiettivo di razionalizzare le funzioni ispettive e di costituire un unico organo titolare delle funzioni di vigilanza in materia lavoristica, previdenziale e fiscale affonda le proprie radici in tempi lontani. A ciò si aggiunge la necessità di ripensare l'attività di vigilanza in termini di programmazione unitaria e di azioni mirate, partendo dall’individuazione delle aree a rischio, così come emergono dalle risultanze dei controlli incrociati. Questa linea innovativa si sarebbe dovuta tradurre, in definitiva, in una razionalizzazione delle risorse e in una più approfondita conoscenza del territorio, con l'abbandono delle iniziative fondate sulla casualità e sul contingente.
Alla realizzazione di tale progetto si sono frapposti interessi particolari, che solo in parte sono stati erosi da singoli provvedimenti normativi, adottati più per soddisfare esigenze di compromesso che per perseguire una seria politica di riforma strutturale della materia. Ne è testimonianza l’art. 5 della L. n. 628/61 che, anziché muoversi secondo un’idea unitaria delle funzioni, ha preferito assegnare all’Ispettorato del Lavoro un compito di coordinamento sull’attività ispettiva esercitata da INPS e INAIL “[…] al fine di evitare pluralità di accertamenti, difformità di trattamento ed ingiustificati intralci al normale ritmo dell'attività produttiva”.
In tal prospettiva INPS e INAIL sarebbero tenuti a “comunicare all'Ispettorato del lavoro competente per territorio, di volta in volta, 48 ore prima del loro inizio, gli accertamenti che intendono effettuare” e gli stessi, precisa la norma, potranno aver luogo “ove nel termine suddetto l'Ispettorato non abbia espresso contrario avviso”. La disposizione pare che non abbia avuto l’impatto applicativo auspicato e, se si vuole non dissimile, rispetto a quello avuto dall’art. 10 del D.lgs n. 124/2004 emanato dopo oltre 40 anni dalla Legge del 1961.
E ciò la dice lunga sull’interesse all’effettiva ottimizzazione delle funzioni ispettive.
E invero, il primo comma dell’art. 10 D.lgs. n. 124 cit. ha previsto, tra l’altro, l’istituzione di una banca dati telematica per raccogliere “le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati, nonché informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro e su tutte le materie oggetto di aggiornamento e di formazione permanente del personale ispettivo”. Appare evidente che tale banca dati avrebbe lo scopo, anche e soprattutto, di evitare la duplicazione di interventi ispettivi in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale. L’attuazione della norma è stata condizionata all’emanazione di un apposito decreto ministeriale, nelle more del quale tutti gli organi di vigilanza interessati dovrebbero, “con la massima tempestività [provvedere] a comunicare reciprocamente i nominativi dei datori di lavoro ispezionati, secondo modalità definite sulla base di intese raggiunte a livello regionale o provinciale”.
Ma anche in tale occasione l’impegno è rimasto sulla carta, poiché allo stato attuale risulta che la disposizione abbia solo valenza programmatica.
La c.d. riforma “Dini”
L’idea di realizzare concretamente un’armonizzazione delle varie attività di vigilanza nell’ottica di garantire un barlume di certezza del diritto deve pertanto essere ricercata in altre disposizioni.
Il riferimento è all’art. 3, comma 20, della L. n. 335/95, c.d. “Riforma Dini”.
Anzitutto la norma sancisce l'obbligo di verbalizzazione ogni qual volta il datore di lavoro venga sottoposto a visita ispettiva, con conseguente diritto dello stesso datore a ricevere copia del verbale. E appare importante sottolineare che tale obbligo sussiste anche in caso di constata regolarità.
La seconda parte della previsione, introdotta dall’art. 3 del D.L. n. 318/96, conv. in L. n. 402/96, circoscrive invece il potere ispettivo, nel senso che “nei casi di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all'accertamento ispettivo eseguito, gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi ai periodi di paga anteriori alla data dell'accertamento ispettivo stesso non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore”. Tale disposizione “si applica anche agli atti e documenti esaminati dagli ispettori ed indicati nel verbale di accertamento, nonché ai verbali redatti dai funzionari dell'Ispettorato del lavoro in materia previdenziale e assicurativa”.
Appare oltremodo evidente che la ratio della norma è ancora una volta quella di garantire una sinergia nell’operato degli organi ispettivi, al fine che l’attività svolta da questi ultimi, lungi dal risolversi in una duplicazione di controlli che testimoniano l’inefficienza dell’amministrazione e al contempo frustrano l’esigenza di certezza delle imprese, risulti in realtà sempre più corrispondente ai canoni della razionalità e di buon andamento.
La norma, di fatto, preclude la possibilità, anche per gli ispettori del lavoro della DTL, di eseguire accertamenti per periodi e su posizioni che hanno formato oggetto di pregresse verifiche: la violazione di tale disposizione comporta inevitabilmente l’illegittimità del verbale conclusivo.
I requisiti applicativi della norma
L’ambito applicativo della disposizione è circoscritto alle ipotesi “[…] di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all’accertamento ispettivo eseguito […]”.
Di conseguenza, il comune denominatore per l’operatività della norma è dato dal fatto che l’accertamento ispettivo sia terminato:
con verbale di regolarità;
ovvero con verbale di irregolarità, ma in tale caso l’impresa deve avere proceduto alla regolarizzazione degli illeciti riscontrati. Ne segue che in mancanza di tale regolarizzazione l’art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. non è in alcun modo applicabile e il personale ispettivo potrà spiegare le proprie verifiche anche rispetto a periodi e posizione già esaminati con precedenti accertamenti, fatto salvo ovviamente il rispetto dei termini di prescrizione.
In sostanza una volta riscontrati uno dei presupposti sopra detti (verbale di regolarità ovvero verbale di irregolarità con spontanea regolarizzazione da parte dell’impresa) l’effetto preclusivo posto dall’art. 3 comma 20 della L. n. 335 richiede altresì che l’accertamento ispettivo non scaturisca da condotte omissive o irregolari del datore di lavoro ovvero da denunce del lavoratore.
La condotta omissiva del datore di lavoro
Secondo l’INPS il comportamento omissivo si configura di solito nel rifiuto da parte del datore di lavoro di esibire la documentazione e tale condotta può concretizzarsi nel diniego di accesso nei locali di lavoro, oppure nel frapporre ostacoli alla raccolta delle dichiarazioni e più in generale in una mancanza di collaborazione alle indagini ispettive. Tali attività si riferiscono all’accertamento pregresso e pertanto devono risultare dal verbale redatto in occasione della prima verifica: ciò significa che, nel corso del secondo accertamento, gli ispettori prendono atto della mancata verifica della documentazione e possono decidere in merito a quanto non precedentemente accertato a causa dei comportamenti omissivi e ostruzionistici del datore di lavoro.
La condotta irregolare del datore di lavoro
Per quanto riguarda invece la condotta irregolare si ritiene che questa si concretizzi in un’attività che simuli o dissimuli contenuti dei rapporti di lavoro in modo da far apparire una realtà diversa da quella effettiva e una difformità tra quanto scritturato nella documentazione di lavoro e la prestazione concretamente svolta dai dipendenti e/o collaboratori.
Al riguardo gli scriventi sono dell’opinione che occorra distinguere a seconda che l’illecito sia deducibile o meno dagli atti acquisiti nel corso dell’accertamento:
se gli atti acquisiti in sede ispettiva consentono di riscontrare in via diretta delle irregolarità retributive, previdenziali e fiscali, ovvero queste ultime erano comunque deducibili dai predetti elementi e il personale ispettivo non ha effettuato le contestazioni del caso, si ritiene che il potere di verifica non possa più esercitarsi sulle posizioni e sul periodo coperto con l’accertamento concluso;
se invece le predette difformità non emergono dagli atti acquisti, né tali atti si presentano come necessaria premessa per riscontrare la sussistenza delle difformità, allora appare ragionevole ritenere che il personale ispettivo possa nuovamente tornare sulle posizioni correlate agli illeciti non riscontrati.
Ciò porta a sottolineare l’estrema importanza della fase di redazione del verbale, il quale, come testualmente recita l’art. 33 comma 4 della L. n. 183/10, deve contenere, “gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati”. Del pari, sebbene non enunciato dalla norma, ma richiamato dalla prassi amministrativa e nella modulistica ispettiva, il verbale deve fare menzione anche dell’arco temporale oggetto di disamina ispettiva.
In sostanza il verbale deve indicare non solo quali documenti siano stati esaminati e quante dichiarazioni siano state raccolte, ma anche l’ampiezza temporale dell'indagine svolta. Al cospetto di verbali contenenti indicazioni ampie e non temporalmente circostanziate, la giurisprudenza di merito ha ritenuto applicabile il c.d. effetto preclusivo previsto dall'art. 3, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Segnatamente è stato stabilito che tale preclusione “[…] ha una valenza generale e non limitata alla specifica materia dell'accertamento ispettivo ogni qualvolta gli ispettori non abbiano espressamente delimitato, soggettivamente ed oggettivamente, l'accertamento ovvero non abbiano formulato specifiche riserve nel verbale”.
La denuncia del lavoratore
Va infine richiamata l’attenzione sulla denuncia del lavoratore, poiché in presenza di tale presupposto la norma riconosce comunque all’amministrazione il potere di effettuare nuovi accertamenti, indipendentemente dalla sussistenza di eventuali condotte omissive e/o irregolari del datore di lavoro. In altre parole, tale denuncia, nel quale il soggetto riporta la narrazione di fatti riguardanti irregolarità amministrative o contributive afferenti al rapporto di lavoro, determina per l’amministrazione la facoltà di esercitare il proprio potere repressivo anche rispetto a situazioni in precedenza vagliate dall’organo ispettivo, onde assicurare la tutela del fondamentale interesse pubblico al rispetto della legalità. Ne segue pertanto che un’eventuale denuncia circostanziata e dettagliata del lavoratore supera il c.d. effetto preclusivo posto dall’art. 3 comma 20 della L. 335 cit., con la conseguente legittimità del verbale avente ad oggetto posizioni in pregresso già verificate.
Occorre a questo punto verificare l’applicazione dell’art. 3 comma 20 della L. n. 335 cit. al caso concreto.
Il caso concreto
In punto di fatto risulta che la ditta individuale Beta, esercente attività di ristorazione, è stata sottoposta nel mese di aprile 2011 ad accertamento da parte degli ispettori della DTL. Nell’occasione gli ispettori hanno constatato la presenza al lavoro del cameriere Tizio, puntualmente iscritto nel Libro Unico e in forza dall’anno 2007. Ciò nonostante gli ispettori hanno terminato le verifiche contestando alla ditta Beta irregolarità contributive, concernenti proprio il rapporto di lavoro di Tizio, relative all’anno 2008. L’Impresa Beta, dopo aver proceduto spontaneamente alla regolarizzazione degli illeciti riscontrati, è stata sottoposta a nuovo accertamento da parte dell’INPS, che si è concluso con verbale di irregolarità per aspetti relativi alla posizione del dipendente Tizio e riferibili all’anno 2009.
Sennonché il verbale dell’INPS a giudizio degli scriventi è affetto da illegittimità in quanto contrastante con l’art. 3, comma 20, della L. n. 335/95.
Occorre osservare anzitutto che l’Impresa Beta ha proceduto spontaneamente alla regolarizzazione degli illeciti contributivi contestati dal personale della DTL e che gli ispettori hanno espressamente delimitato, soggettivamente ed oggettivamente, l'accertamento al rapporto di Tizio, senza tuttavia formulare specifiche riserve documentali o temporali. Anzi, l’accertamento ha interessato tutta la documentazione del rapporto di lavoro di Tizio ed è stato riferito all’intero periodo occupazionale del predetto lavoratore: dal 2007 in avanti. In tale quadro gli ispettori hanno rilevato irregolarità contributive solo per l’anno 2008, mentre nessun rilievo è stato mosso per gli anni successivi. L’anno 2009, benché scrutinato dagli ispettori della DTL, non ha messo in luce ulteriori irregolarità contributive relative alla posizione di Tizio. In presenza di tali presupposti la possibilità per l’INPS di spiegare un accertamento ispettivo sul rapporto di lavoro di Tizio per l’anno 2009 era condizionato dalla presenza di condotte omissive o irregolari del datore di lavoro, ovvero da una denuncia formulata da Tizio all’organo ispettivo.
Pacifica l’assenza di una denuncia di Tizio, il cui rapporto di lavoro infatti è stato controllato dall’INPS mediante procedimento d’ufficio, nel caso che ci occupa non si rinviene neppure una condotta omissiva o irregolare dell’impresa Beta.
Invero dagli atti ispettivi non emerge che la ditta Beta abbia tenuto in occasione della verifica ispettiva della DTL condotte ostruzionistiche tali da integrare gli estremi dell’omissione. Del pari non si registrano neppure profili di irregolarità, considerato che gli ispettori della DTL all'atto della verifica effettuata hanno esaminato tutta la documentazione relativa al rapporto di lavoro di Tizio. E se all’esito di tale esame non hanno rilevato alcun illecito contributivo, tale valutazione di fatto preclude all’INPS la possibilità di contestare irregolarità deducibili dalla medesima documentazione controllata dagli ispettori della DTL e involgenti l’ambito temporale di indagine coperto dal verbale redatto da questi ultimi. Diverso sarebbe stato il caso se l’arco temporale delle verifiche svolte dagli ispettori della DTL non avesse interessato l’anno 2009 ovvero se il tema di indagine condotto da questi ultimi si fosse concentrato su alcuni profili documentali che non consentivano di dedurre neppure inferenzialmente la sussistenza degli illeciti contributivi contestati dall’INPS.
In ragione di ciò l’accertamento dell’INPS costituisce un'illegittima duplicazione delle verifiche svolte dal personale ispettivo della DTL.
NOTE
i In tal senso cfr. circolare INPS n. 21 del 1991.
ii Cfr. circolare INPS n. 21 cit. la quale ribadiva che “è compito delle Commissioni Provinciali per il Coordinamento dell'attività di vigilanza, istituite presso l'Ispettorato del Lavoro, evitare che si creino inutili sovrapposizioni nell'azione ispettiva degli Enti Previdenziali, va posta particolare attenzione all'attività di programmazione riferita alla vigilanza di pertinenza dell'Istituto”.
iii Il comma 1 dell’art. 1 del D.lgs. n. 179/09, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore del presente provvedimento, limitatamente agli articoli da 1 a 7; 8, commi 1, 2 e 3; 11; 12; 13; 14; da 16 a 32 e alle tabelle allegate.
v Art. 10 comma 2 del D.lgs. n. 124 cit..
vi L’ultimo periodo della norma puntualizza che “i funzionari preposti all'attività di vigilanza rispondono patrimonialmente solo in caso di danno cagionato per dolo o colpa grave”.
vii Tale concetto era già espresso dalla circolare INPS n. 168 del 1992 secondo la quale “ai fini di una ottimizzazione nell'utilizzo della forza ispettiva, e' necessario promuovere tutte le sinergie con gli altri Enti deputati alla vigilanza, quali l'Ispettorato del lavoro, l'INAIL […]”.
viii Cfr. circolare INPS n. 226 del 1996. Con tale circolare l’Istituto ha precisato anche che “la regolarizzazione si intende avvenuta o seguito di pagamento in contanti, o con domanda di dilazione perfezionata nei termini previsti dalla circolare n. 123 dell'8.5.1995, o con domanda di condono e contestuale versamento, sempre che sia riscontrata regolarità nel versamento delle rate dovute, ovvero con compensazione o cessione dei crediti nei casi stabiliti dalla normativa vigente”.
ix Il potere sanzionatorio amministrativo si prescrive in cinque anni. Per i termini di prescrizione degli oneri contributivi e per le modalità di esercizio degli atti interruttivi cfr. circolare INPS n. 18 del 1996.
x Cfr. circolare INPS n. 226 cit.
xi Cfr. circolare INPS n. 168 cit.
xii Cfr. circolare INPS n. 132 del 2004, la quale ha osservato che se “l’accertamento disposto è riferito solo ad alcune tipologie di irregolarità o a periodi di tempo limitati, la limitatezza del mandato va esplicitata nel verbale, come va esplicitata la riserva relativamente ad altre inadempienze al momento non rilevate”. Giova rilevare che in precedenti circolari l’Istituto aveva precisato che l'ampiezza temporale dell'indagine poteva essere stabilita non dall’ispettore ma dalla Direzione Generale e dalle Sedi Regionali. Conseguentemente gli ispettori, ove non siano destinatari di mandati specifici, dovevano estendere l’accertamento all'intero comportamento contributivo dell'azienda, del titolare se iscritto o iscrivibile, e a tutto il periodo prescrizionale. In tal senso mandati limitati possono riguardare unicamente indagini promosse o richieste dall'Autorità giudiziaria per particolari fattispecie. Cfr. circolare INPS n. 168 del 1992 ovvero circolare INPS n. 226 del 1996 o ancora circolare INPS n. 314 del 1995.
xiii Cfr. Trib. Ravenna, 15/09/2004. Non risultano invece pronunce da parte della Suprema Corte di Cassazione.
xiv Cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 8 del 2000, secondo la quale le richieste d’intervento del lavoratore devono essere circostanziate e supportate da precisi elementi di prova, a fondamento dei fatti affermati. Concetto ribadito dalla c.d. Direttiva Sacconi del 18/09/2008.
xv Cfr. c.d. Direttiva Sacconi del 18/09/2008.
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