Il Tfr di un’azienda acquistata è una passività

Pubblicato il 09 maggio 2011 Una Spa che nel 1996 ha acquistato un ramo d’azienda, oltre all’esborso versato si impegnava ad “accollarsi” anche i debiti del Tfr del personale dipendente e i debiti per il preavviso e per l’indennità suppletiva di clientela degli agenti.

Tale società, ha iscritto in bilancio, nella voce ammortamenti, oltre all’avviamento espressamente indicato in contratto, anche la quota parte relativa al Tfr e alle indennità di preavviso.

A seguito di una verifica fiscale subita dall’azienda nel 2001, l’Amministrazione finanziaria contestava alla società l’iscrizione del maggior avviamento per 452 milioni, recuperando i relativi ammortamenti dedotti nel 1996 e nel 1997.

Ne è scaturito un contenzioso, dove in prima istanza la Ctp adita dava ragione alla società; mentre, il ricorso successivo alla Ctr vedeva ribaltato il verdetto. Si è giunti, così, in Cassazione.

La Suprema Corte – sentenza n. 8134 del 2011 - non ha accolto le argomentazioni difensive presentate dalla Spa ed ha perciò concluso che il Tfr e i debiti connessi con il preavviso e l’indennità suppletiva discendenti da contratti di agenzia non possono essere assimilati all’avviamento. Anche se la stessa società, in sede di acquisizione del ramo d’azienda, ha acconsentito ad un volontario “accollo” pattizio del debito dell’azienda venditrice, i debiti del Tfr si configurano passività e non un’attività da ammortizzare, come avviene per l’avviamento. Dunque, tali debiti non possono essere dedotti né dal punto di vista civilistico (art. 2426, comma 1, n. 6 C.c) né dal punto di vista fiscale (art. 68, comma 3, Tuir), come sostenuto dall’azienda stessa.
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