Il telelavoro, i diritti per le donne vittime di violenza e le risorse per le misure di conciliazione

Pubblicato il 30 luglio 2015

Il D.Lgs. n. 80 del 15 giugno 2015, oltre ad apportare significative modifiche al Testo Unico sulla maternità e paternità, ha previsto ulteriori novità che sono di sostegno alla conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.

Il telelavoro

L’art. 23 del nuovo decreto legislativo introduce una nuova previsione in materia di telelavoro di tipo strutturale.

Come sottolineato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, nella circolare n. 17 del 21 luglio 2015, il telelavoro, anche e soprattutto nelle nuove forme dello smart working, rappresenta un’importante strumento di flessibilità nella gestione delle modalità di svolgimento dell’attività che si riflette nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Infatti il telelavoro permette ai lavoratori di rendere la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede aziendale e con tempistiche gestibili in autonomia.

Al fine di incentivare l’uso di questo strumento, il Legislatore ha previsto che il datore di lavoro che vi faccia ricorso per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possa escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti.

A tal proposito la Fondazione Studi CdL ha, a titolo di esempio, evidenziato che il telelavoratore non verrebbe computato ai seguenti fini:

Il congedo per le dipendenti vittime di violenza di genere

Per le lavoratrici dipendenti, con esclusione del lavoro domestico, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio, il Legislatore ha previsto una nuova tipologia di congedo che, per il momento, è valida per il solo anno 2015.

Le stesse hanno, infatti, il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi, dando un preavviso che, salvo casi di oggettiva impossibilità, non può essere inferiore a sette giorni.

Durante il periodo di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento ed il periodo medesimo:

Come evidenziato dalla citata circolare della Fondazione Studi CdL n. 17/2015:

L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità ed è portata a conguaglio con i contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente.

Il congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni, secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo, la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria e quest’ultima è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

Il congedo per le co.co.co. vittime di violenza di genere

Le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all'astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi.

Anche il diritto per le collaboratrici è per il solo anno 2015.

Il diritto al part-time

La lavoratrice dipendente inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio, ha, inoltre, diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, purché vi siano disponibilità in organico.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Le risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata

In via sperimentale, per il triennio 2016-2018, l’art. 25 del D.Lgs. n. 80/2015, destina una quota pari al 10% delle risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.

Sarà, però, necessario un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, per la definizione dei criteri e delle modalità per l'utilizzo delle suddette risorse, sulla base di linee guida che dovranno essere elaborate, attraverso l'adozione di modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali.

Il medesimo decreto interministeriale dovrà definire ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l'adozione di linee guida e modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali.


 

                                               Quadro delle norme

D.Lgs. n. 151/2001

D.Lgs. n. 80/2015

Fondazione Studi CdL, circolare n. 17 del 21 luglio 2015

 

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