In tema di sospensione della prescrizione per il conseguimento della prestazione a carico dell’INAIL in caso di malattia professionale, il termine prescrizionale resta in stand-by fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego.
Così si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 11928 del 7 maggio 2019, in merito al termine di prescrizionale di tre anni decorrente dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale, al fine di esercitare l’azione nei confronti dell’INAIL volta a ottenere le prestazioni previste dal Dpr. n. 1124/65.
L’INAIL indennizza i danni provocati dalle malattie professionali prevedendo prestazioni di carattere economico, sanitario e riabilitativo. La malattia professionale è una patologia la cui causa agisce lentamente e progressivamente sull’organismo (causa diluita e non causa violenta e concentrata nel tempo). La stessa causa deve essere diretta ed efficiente, cioè in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente. Le malattie devono essere contratte nell’esercizio e a causa delle lavorazioni rischiose.
È ammesso, tuttavia, il concorso di cause extraprofessionali, purché queste non interrompano il nesso causale in quanto capaci di produrre da sole l’infermità. Per le malattie professionali, quindi, non basta l’occasione di lavoro come per gli infortuni, cioè un rapporto anche mediato o indiretto con il rischio lavorativo, ma deve esistere un rapporto causale, o concausale, diretto tra il rischio professionale e la malattia.
Nel caso affrontato dalle Sezioni Unite della Cassazione, un lavoratore chiedeva la condanna dell’INAIL a corrispondergli le prestazioni assicurative dovute per legge. L’Istituto assicurativo, invece, eccepisce la tardività del ricorso e l’avvenuta prescrizione triennale dell’azione, ai sensi dell’art. 112, del Dpr. n. 1124/1965.
Per dirimere la questione, i giudici ripercorrono gli orientamenti giurisprudenziali in tema di sospensione della prescrizione triennale dell’azione contro l’INAIL.
L’orientamento maggioritario prevede che la sospensione opera solo per i 150 giorni dovuti per la liquidazione amministrativa delle indennità di infortunio e malattia professionale (art. 104, del Dpr. n. 1124/1965), in quanto il mancato giudizio dell’INAIL si configurerebbe come “silenzio significativo” di rigetto dell’istanza dell’assicurato.
Le Sezioni Unite, invece, seguono l’orientamento proposto dalla sentenza n. 15733 del 21 giugno 2013, la quale prevede che la prescrizione resta sospesa fino alla conclusione definitiva del procedimento di liquidazione amministrativa, anche se questo si protrae oltre i 150 giorni previsti dalla legge (termine giudicato ordinatorio per la facoltà di agire in capo all’assicurato).
Decorso tale termine, si legge nella sentenza, “l’Inail non è privato della facoltà di adottare un provvedimento, né il suo silenzio assume un rilievo di silenzio-rigetto: esso produce solo effetti di natura meramente processuale, rimuovendo un ostacolo ai rimedi posti a disposizione dell’assicurato dalla legge per garantirgli tutela a fronte della condotta inerte dell’istituto assicuratore”.
In definitiva, i giudici rigettano il ricorso dell’INAIL, prevedendo che il silenzio dell’Istituto assicurativo va qualificato come mero inadempimento e il termine di prescrizione non lo priva della facoltà di adottare un provvedimento.
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